Secondo fonti israeliane, anche gli Usa hanno sospeso i bombardamenti in Siria per paura dei nuovi missili S- 400 russi. E’ stato un bella pensata quella di Erdogan? Come se ne esce? di Giancarlo Infante

Secondo fonti israeliane, anche gli Usa hanno sospeso i bombardamenti in Siria per paura dei nuovi missili S- 400 russi. E’ stato un bella pensata quella di Erdogan? Come se ne esce?  di Giancarlo Infante

Il problema ora, più che mai, è quello di rispondere ad una domanda semplice, semplice: come se ne esce? Il quesito riguarda la situazione creata la scorsa settimana in Siria dopo il dispiegamento dei missili terra aria russi S-400 nella base di Khmeimin, nel cuore della parte di Siria controllata dagli Alawiti di Bashar al Assad.

Secondo fonti vicine all’intelligence siriana, la Russia ha di fatto creato una “no fly zone” in grado di impedire, di fatto, ai velivoli “non graditi”, quindi soprattutto quelli turchi e statunitensi, di volare e bombardare in assoluta sicurezza.

Queste le conclusioni cui sarebbero giunti gli esperti israeliani che collegano al dispiegamento di questi missili molto sofisticati l’introduzione di apparati di disturbo elettronici e per la cosiddetta guerra elettronica che i russi sono in grado di utilizzare anche grazie alla presenza nelle acque siriane della speciale nave Moskva mossa a ridosso della costa siriana da Putin poche ore dopo l’abbattimento del Sukhoi Su- 24  da parte dell’aviazione turca.

L’irrigidimento di Mosca si è tradotto anche nel dispiegamento, a pochi chilometri del confine turco, degli S-400 di cui alcune versioni sarebbe in grado persino di abbattere gli aerei “invisibili” Stealth i quali costituiscono, o dobbiamo dire costituivano, l’asse nella manica dell’aviazione Usa.

In poche parole, in questo momento, una buona parte dei cieli siriani dipendono da Mosca e tutti i voli sono a rischio. Questo spiega perché i velivoli turchi sono stati immediatamente ritirati dallo scenario siriano e, secondo le fonti israeliane, anche gli Stati Uniti hanno sospeso i bombardamenti in Siria contro l’Isis mentre proseguono solamente quelli sull’Iraq.

Le fonti israeliane non lo dicono chiaramente, ma è evidente la loro domanda rivolta in modo neppure tanto sottinteso alla Turchia: pensate di aver fatto un bel capolavoro abbattendo il velivolo russo?

Se questa situazione non cambia, evidentemente pagando un prezzo a Putin, sarà la sola Russia a gestire i bombardamenti in Siria contro il Califfato islamico.

Tra l’altro sembra che l’aviazione russa ne stia approfittando prendendo particolarmente di mira le aree dei turcomanni. Gli stessi che Erdogan ha detto di voler difendere per giustificare il missile lanciato contro il Sukhoi di Putin.

Secondo le fonti sopra citate, le preoccupazioni di americani, turchi ed israeliani nascerebbero dal fatto che fino ad ora nessuna forza aerea si è trovata a fronteggiare questi benedetti S-400 in grado di offrire una grande versatilità d’uso: dall’abbattimento di missili da crociera a quello di missili balistici sub-strategici. Sembra che uno solo di questi vettori possa colpire fino a 36 bersagli simultaneamente. Il raggio d’azione, dalla base siriana di Khmeimin, copre oltre che quasi tutto il territorio siriano una parte enorme della Turchia, tutto il Libano, Cipro e la metà di Israele.

s 400 marina

La Turchia starebbe contrastando l’iniziativa russa con l’installazione dei propri sistemi di disturbi elettronici KORAL lungo il suo confine meridionale con la Siria, ma sarebbe meglio non dovere assistere alla loro utilizzazione.

Siamo dunque finiti in una situazione assolutamente imprevedibile fino a qualche mese fa. L’incapacità da parte dell’Occidente e dei paesi del Golfo nel trovare un’intesa sostenibile e credibile sulla Siria  ha spalancato una porta enorme alla Russia da cui sembra dipendere in maniera esclusiva il destino non solo di Assad, ma una buona parte  dell’intero scacchiere mediorientale. Una posizione in cui Mosca non si è mai trovata neppure nel momento di massimo splendore militare dell’Unione Sovietica.

La conferma che la politica estera, e non solo quella mediorientale, è una cosa troppo seria per essere lasciata a chi vive solo di slogan e di propaganda elettorale.

Giancarlo Infante