Renzi non andrà più alle elezioni da solo. Vede il Pd con dei moderati ed una parte della sinistra. Sul Governo vuole che decida Letta. L’importante é giocare a “carte scoperte”

Renzi non andrà più alle elezioni da solo. Vede il Pd con dei moderati ed una parte della sinistra. Sul Governo vuole che decida Letta. L’importante é giocare a “carte scoperte”

Quella del Partito democratico è una Direzione che, stando alle prime battute, presenta un Matteo Renzi intenzionato a smentire l’intenzione di voler fare un  scelta alla Veltroni, cioè di seguire una linea di autoreferenzialità elettorale e di volere correre da solo. Quella che sei anni fa segnò la fine dell’esperienza veltroniana alla Segreteria di un Partito democratico, che si sentiva finalmente  libero “dai ricatti” dei pariti minori. Peccato però che, per il Pd, segnò anche il rilancio di un Berlusconi dato per defunto fino a pochi mesi prima.

Matteo Renzi ha esplicitamente detto: “Vedo un simbolo del Pd, ma accanto do per scontato ci sia un raggruppamento di moderati che non vuole stare con il Pd, ma neanche dall’altra parte e presumibilmente una parte della sinistra”. Dunque un Pd che qualche alleanza la deve pur fare. Anche con alcuni di quei “partitini” che furono tanto ostici a Veltroni, e che lo sono tantissimo anche a Renzi, ma che sono altrettanto necessari per vincere nel caso fosse varata una legge elettorale come quella presentata alla discussione del Parlamento.

In realtà, improvvisamente, una volta presentata “in tempo” la piattaforma di riforma, come tengono in ogni occasione a ricordare i giovani collaboratori e le giovani collaboratrici del Sindaco di Firenze, è stato tutto rinviato per un qualche tempo. Pausa di studio? Delle reazioni interne al Pd, che ha mal digerito la novità? Delle reazioni di Berlusconi che subito si è messo a gridare che aveva già in tasca la vittoria alle prossime elezioni?  Oppure, la sospensione è necessaria a chiarire altre questioni. Come quella legata alla sopravvivenza del Governo Letta?

Resta, in ogni caso, il fatto che Matteo Renzi rilancia  la parola d’ordine sul “tempo scaduto”. In particolare quello per fare le riforme perché è su quel terreno che, a suo avviso, il principale partito del Centro sinistra da una mano al Paese. Così solamente,  sembra dire Renzi, si individua la via migliore per vincere le elezioni. E non perché si é scelto un certo tipo di sistema elettorale. Non sarà il cosiddetto Italicum a far vincere o perdere le elezioni. Se il Pd perde con il trio Berlusconi, Bossi, Casini  vorrà dire che il problema é lo stesso Pd, ha chiarito Renzi.

In questa direzione il leader del Pd prosegue illustrando la nuova struttura del Senato. Solo 150 componenti, di cui 108 sindaci di città capoluogo, 21 Governatori delle Regioni e 21 nominati dal Presidente della Repubblica. Insomma, una riduzione dei costi ed un avvicinamento maggiore di uno dei due rami del Parlamento ai problemi concreti del Paese.

Il Segretario fa ancora una volta capire che non raccoglie il messaggio delle sirene che lo vorrebbero portare a Palazzo Chigi al posto di Letta. Tra l’altro non si sa quelle sirene quanto siano sincere e piene solamente di buone intenzioni. Lui, invece, non pone problemi al Governo: “il Pd non ha mai fatto mancare il suo appoggio in nessun passaggio rilevante. La nostra fiducia è sempre stata costante» “. E’ Letta che deve decidere: «Se ritiene che le cose vadano bene come stanno andando, che vada avanti. Se ritiene che ci siano dei cambiamenti da apporre, affronti il problema nelle sedi politiche e istituzionali, indichi quali e giochiamo a carte scoperte”.

L’importante aggiunge con una stoccata polemica é che ” si giochi a certe scoperte”. Renzi non aggiunge altro. Si vede che il suo interlcutore diretto, che lo stava ascoltando in viva voce, perché Enrico Letta era presente alla Direzione, sa a cosa egli si riferisce.

Renzi ha poi annunciato due nuove riunioni del massimo organo decisionale del partito con scadenza settimanale. Quella sulla collocazione europea,  e sulle candidature alle Elezioni  europee, del prossimo 13 febbrai,  e quella sul cosiddetto “Jobs Act”- in italiano la legge sul lavoro- prevista per il 20 di Febbraio.

Giancarlo Infante