Renzi convoca la Segreteria del Pd dopo le dimissioni di Cuperlo. Al via i “giochi” interni ed il “logoramento” dell’immagine del Segretario

Renzi convoca la Segreteria del Pd dopo le dimissioni di Cuperlo. Al via i “giochi” interni ed il “logoramento” dell’immagine del Segretario

Dopo lo scossone arrivato con le dimissioni di Gianni Cuperlo dalla Presidenza del Partito democratico, Matteo Renzi convoca la Segreteria del suo partito. Lo fa sempre, alla Fanfani, di mattina presto. Renzi ed i suoi fedelissimi che compongono la Segreteria devono ritornare di colpo all’indomani della conclusione del congresso e scegliere sia un nuovo Presidente, sia decidere su come ricalibrare gli equilibri con l’opposizione interna.

Un’opposizione intenzionata a non lasciare niente  di intentato per mettere in difficoltà il Segretario. In particolare per quanto riguarda la sua immagine agli occhi di iscritti, elettori e sostenitori del Pd. In particolare, coloro che hanno fatto dell’antiberslusconismo una delle proprie ragioni di esistenza e d’impegno dopo aver masticato amaro per vent’anni. Nel Pd sono tanti appartenenti a questa specie. Molti di loro hanno anche partecipato ad assicurare l’ampio sostegno ricevuto da Matteo Renzi alle primarie.

Con gli sviluppi delle ultime ore tornano insistenti alcune domande: la vocazione al suicidio della Sinistra italiana? Ci risiamo? Il Pd fa il bis di Veltroni? Domande che si inseguono vorticose con quelle che fanno aleggiare addirittura lo spettro della scissione. Tutti gli avversari interni di Matteo Renzi, ovviamente, negano eventuali intenzioni in tal senso, ma è scontato constatare che nel Pd sono arrivati ai ferri corti, si potrebbe dire con un eufemismo.

Renzi va avanti sulla sua linea “decisionista”. Gli altri non solo non amano uno stile che non fa parte della tradizione del Centro Sinistra, ma non sopportano il sospetto che il Sindaco di Firenze abbia coltivato a lungo rapporti” riservati” con Silvio Berlusconi visto come i due sono stati veloci nel giungere alla definizione di un accordo cui Renzi  ha poi dato il tocco finale definendolo in termini ultimativi: o lo si prende tutto o niente.

Ovviamente,  il niente potrebbe significare anche mettere in crisi il Governo di Enrico Letta ed andare al voto. Renzi sostiene di essere leale verso l’esecutivo, ma aggiunge anche che, comunque,  “non si sa mai”. L’opposizione interna, così, anche se largamente insoddisfatta della linea  e dei risultati raggiunti da Letta non vuole certo regalare al Segretario l’opportunità di insediarsi a Palazzo Chigi o, addirittura, di andare alle elezioni anticipate.

Matteo Renzi e Enrico Letta Firenze 08/06/2013

Così la minoranza nel primo partito d’Italia, ancora dato in testa dai sondaggi, non scassa tutto, ma  fa in modo di sottolineare in tutti i modi la sostanziale convergenza della posizione del Segretario e dei suoi più diretti collaboratori su quella di Berlusconi su di un tema cui la base dei democratici, ma anche un po’ tutti gli italiani, sono particolarmente sensibili: quello della scelta dei candidati.

Per anni ed anni si è parlato della necessità di reintrodurre le preferenze. Così, dappertutto aumentano le critiche per la scelta “renzian-berlusconiana” di continuare a far scegliere invece le liste dalle segreterie dei partiti. E’ fin troppo facile che l’opposizione interna dei democratici ricordi su questo punto, oltre che il parere degli iscritti e degli elettori, anche le indicazioni della Corte Costituzionale e le continue critiche allo spirito ed alla sostanza del “porcellum” mosse da anni.

E’ chiaro che l’atteggiamento degli anti renziani si stia definendo sempre meglio. Da un lato,  si tende ad avvicinare l’immagine di Renzi a quella di Berlusconi, da sempre il nemico da battere. Dall’altro, si attende il lavoro in Parlamento dove il Segretario non può facilmente controllare i suoi gruppi: basta un niente per snaturare un testo di legge.

E se alla fine fossero reintrodotte le preferenze? Come si metterebbe l’accordo di Renzi  con Berlusconi? Per il segretario del Pd, infatti, sarebbe difficile andare contro una linea largamente auspicata dalla pubblica opinione e dalla grande maggioranza del suo stesso partito. A quel punto la tensione interna raggiungerebbe il massimo, ma con un’opposizione interna che si sentirebbe più in sintonia con iscritti ed elettori.

In ogni caso, ci risiamo. L’elezione di Matteo Renzi che avrebbe dovuto costituire la premessa di una ripresa in grande stile del Pd sembra,  invece, riaprire tutta la questione delle prospettive concrete di un partito che non riesce, nonostante tutto, a staccare sostanzialmente nei sondaggi una ipotetica coalizione di Centro destra. Berlusconi è lì che ghigna soddisfatto anche se lui pure deve pensare ai propri guai che il prossimo 10 Aprile potrebbero giungere al dunque.

Questa vicenda dell’espiazione della pena residua cui è stato condannato non è una questione di poco conto e potrebbe finire per influire su quanto Berlusconi ha concordato con Matteo Renzi.

Giancarlo Infante