Pensionati e giovani laureati in fuga dall’Italia – di Giuseppe Careri

Pensionati e giovani laureati in fuga dall’Italia  – di Giuseppe Careri

Nei giorni scorsi la Corte Costituzionale ha respinto l’istanza di censura al decreto legge n.65 del 2015, il cosiddetto decreto Poletti, ed ha riconosciuto il diritto alla perequazione automatica solo alle pensioni di importo non superiore ai 1.450 euro lordi.

Il decreto sul bonus Poletti prevede una restituzione della rivalutazione secondo questo schema: “il 100% solo per le pensioni fino a 3 volte il minimo Inps, ossia circa 1.450 euro; il 40% per gli assegni tra 3 e 4 volte il minimo, il 20% per quelli tra 4 e 5 volte e il 10% per quelli tra il 5 e 6 volte. Niente rimborsi per chi percepiva oltre 6 volte il minimo”. La Consulta nella sua decisione ritiene il decreto Poletti un “bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica”.

Certamente, la decisione della Corte Costituzionale ha tenuto nel dovuto conto la finanza delle casse dello Stato e il suo debito pubblico ormai ridotto a un “colabrodo”.

A margine di questa decisione della Corte, occorre sottolineare la necessità di salvaguardare comunque il potere d’acquisto dei pensionati eroso dall’aumento dei prezzi. La Consulta, pertanto, ha riconosciuto la perequazione per quelle pensioni irrisorie percepite da pensionati alle soglie della vecchiaia, escludendo, però, coloro con una pensione superiore a 2.800 euro lordi.

Per tale ragione, e in virtù di tasse troppo elevate nel nostro Paese, molti pensionati preferiscono “emigrare”, abbandonare l’Italia per trasferirsi verso paesi più generosi in fatto di tasse.

I paesi più ospitali per i nuovi emigranti, e più interessati ad accoglierli, sono la Spagna e il Portogallo, ma anche Tunisia e Bulgaria. Il pensionato italiano ottiene, così, in questi paesi uno sconto sulle tasse dal 5 al 10%. Ma è soprattutto il costo della vita inferiore a quella in Italia l’elemento importante cui si aggrappano i nuovi arrivati. Infatti, in quei paesi, per un alloggio si possono pagare dai 400 ai 600 euro, e con 10-15 euro si può mangiare un pasto in un ristorante. L’altro elemento essenziale per i nuovi migranti del XXI secolo è la possibilità di assicurarsi un buon servizio sanitario.

Le pensioni pagate dall’Inps ai nostri pensionati all’estero sono oltre 350 mila, per un importo di circa 1 miliardo di euro l’anno. Molti pensionati italiani, ha dichiarato il Presidente dell’Inps Tito Boeri, “hanno periodi di contribuzione in Italia inferiori a 3 anni,  il 70% è inferiore ai 6 anni e l’83% è ai 10 anni, quindi durate contributive molto basse”.

Nel corso dell’audizione al Senato, dinanzi al Comitato per le questioni degli italiani all’estero, il Presidente Boeri ha aggiunto: “pagare le prestazioni assistenziali, come la 14esima, ai pensionati italiani residenti all’estero è un’anomalia che ci porta ad alleggerire i costi sociali di altri Paesi senza un quadro di reciprocità”.

Ma non sono, purtroppo, solo i pensionati a scegliere di “emigrare”. Secondo il rapporto dell’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro, “Il lavoro Dove c’è”, dal 2008 al 2015 sono stati oltre 500 mila gli italiani a decidere di cambiare paese per trovare un’occupazione lavorativa.

A fare questa scelta dolorosa sono soprattutto giovani laureati, in molti casi, anche nostre eccellenze, attratti dalla prospettiva di un lavoro qualificato e ben retribuito. La differenza di salario medio tra chi lavora in Italia e chi emigra supera infatti anche il 43,8%! Le mete preferite dei nostri giovani laureati sono, in questo caso, la Germania, la Gran Bretagna e la Francia.

Si salvi chi può. I giovani laureati e i pensionati, oltre alla speranza di trovare un lavoro qualificato e trascorrere in pace gli ultimi anni della loro vita, pagano un prezzo elevato ai loro ricordi, ii loro affetti, ai legami per la loro città e i loro sogni infranti. Certo, è una scelta personale, ma la maggior parte degli studenti e dei pensionati abbandonano a malincuore il loro paese d’origine, l’aria di casa, i parenti, gli amici.

Scrive un giovane laureato: “All’estero si dà fiducia ai giovani. In Brasile ho parlato con una professoressa universitaria più giovane di me che si stupiva del fatto che io e i miei amici ancora non lavorassimo in Italia. Qui in Italia non si dà nessuna fiducia. Proprio nulla. Più sento amici coetanei e più mi convinco che la nostra generazione sta pagando per l’egoismo di quella che ci ha preceduto”.

Giuseppe Careri