Papa Francesco torna da Lesbo con 12 profughi siriani, tra cui sei bambini

Papa Francesco torna da Lesbo con 12 profughi siriani, tra cui sei bambini

Papa Francesco ha concluso la sua visita sull’isola greca di Lesbo facendo imbarcare sull’aereo di rientro in Vaticano 12 profughi siriani, di religione musulmana, di cui sei sono bambini.

Un gesto concreto di solidarietà che corona il viaggio fatto con il Primate ecumenico ortodosso  di Costantinopoli, Bartolomeo,  e l’arcivescovo di Atene e Primate di Grecia, Hieronymus, nell’isola che, con Lampedusa, è diventata il simbolo del dramma consumato sulle acque del Mediterraneo negli ultimi anni a causa dell’emergenza profughi. Con loro il Primo ministro greco Alexis Tsipras

Si è trattato di un viaggio pieno di commozione, speranza e di forte invito all’Europa perché ascolti il grido di aiuto proveniente da milioni di persone che fuggono guerra, oppressione e violenza.

Papa Francesco, con determinazione, è voluto andare sull’isola greca di Lesbo per recarsi in mezzo alle migliaia  di migranti bloccati in pieno Mare Egeo nel corso del tentativo di raggiungere l’Europa.

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La loro stragrande maggioranza è costituita da gente proveniente da Siria, Afghanistan e Pakistan che in molti casi prova a fuggire da zone di guerra o di violenza quotidianamente scandita da scontri tribali e religiosi.

Francesco ha detto ai migranti rinchiusi nel centro d’accoglienza allestito dai greci di “non essere soli” aggiungendo che lui ed i due rappresentanti delle chiese ortodosse sono andati a Lesbo ” richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità”.

Francesco ha poi aggiunto : “Questo è il messaggio che oggi desidero lasciarvi: non perdete la speranza! Il più grande dono che possiamo offrirci a vicenda è l’amore: uno sguardo misericordioso, la premura di ascoltarci e comprenderci, una parola di incoraggiamento, una preghiera. Possiate condividere questo dono gli uni con gli altri. Noi cristiani amiamo narrare l’episodio del Buon Samaritano, uno straniero che vide un uomo nel bisogno e immediatamente si fermò per soccorrerlo. Per noi è una parabola che si riferisce alla misericordia di Dio, la quale si rivolge a tutti. Lui è il Misericordioso. È anche un appello a mostrare quella stessa misericordia a coloro che si trovano nel bisogno. Possano tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in questo continente, come il Buon Samaritano, venirvi in aiuto in quello spirito di fraternità, solidarietà e rispetto per la dignità umana, che ha contraddistinto la sua lunga storia”.

Momenti particolarmente toccanti sono stati vissuti nell’incontro diretto che i profughi. Soprattutto quando Papa Francesco si è avvicinato ad un uomo che, sopraffatto dall’emozione, è scoppiato in un pianto dirotto che Francesco ha cercato di consolare.

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La visita dei tre esponenti religiosi sull’isola dell’Egeo segna una precisa e netta presa di distanza dalle recenti decisioni prese dall’Unione europea  in base alle quali i profughi cui non è riconosciuto il diritto di asilo sono rispediti nel loro Paese o in Turchia e, per ognuno di loro  respinto, un profugo siriano si vedrà riconoscere il diritto a varcare la frontiera dell’Unione.

La Chiesa cattolica e quelle ortodosse si trovano, così, unite ancora una volta lungo un percorso ecumenico proprio alla vigilia del Sinodo pan ortodosso organizzato a Creta per il prossimo giugno, nel corso del quale la questione dell’accoglienza  troverà un elemento di riflessione importante, visto che richiama i tanti drammi consumati proprio sulle acque del Mediterraneo e, pure, le responsabilità di quella l’Europa sempre più accusata dalle chiese e dalle organizzazioni di volontariato di aver smarrito le proprie radici di solidarietà, grazie a cui è nata e si è sviluppata.