Obama vuole il sostegno del Congresso per una “punizione” della Siria che, comunque, ci sarà

Obama vuole il sostegno del Congresso  per una “punizione” della Siria che, comunque, ci sarà

“Cercherò l’autorizzazione per intervenire dai rappresentanti dei cittadini americani al Congresso. Il dibattito ci deve essere perché la decisione è troppo importante. Siamo pronti ad andare avanti come un’unica nazione”. Il Presidente americano Barack Obama vuole che le sue decisioni sul bombardamento della Siria siano condivise dal Congresso e dall’intero popolo degli Stati Uniti.

Il Presidente torna a parlare il linguaggio del senatore Obama, quando dal suo seggio di rappresentante democratico di Chicago sosteneva, contro il “l’interventismo” di Bush figlio, il convincimento che la legge consente al Presidente di decidere da solo in caso di guerra, solamente se é direttamente in pericolo il suolo della Patria.

Bashar al_Assad, però, farebbe male ad interpretare queste parole come un atto di debolezza. Come Presidente siriano si deve aspettare la lezione. E’ solo questione di tempo e di modo. “L’attacco del governo siriano con armi chimiche è stato un assalto alla dignità umana”, ha detto infatti Barack Obama parlando ancora una volta al mondo intero. “Gli Stati Uniti devono intervenire contro il regime di Assad” e lui è “pronto a dare l’ordine per intervenire”.

Barack Obama si è tolto dal collo il fiato di chi voleva costringerlo nella stessa condizione in cui si ritrovò Geroge Bush junior impantanato in Iraq e in Afganistan. Ha ancora preso del tempo. Questo non significa che non si è fatto un proprio convincimento ben preciso e che non finirà per fare quello che sente di dover fare.
navi usa siria
Il Presidente americano é stato volutamente non preciso nell’indicare la data in cui, o dai cinque mezzi navali lanciamissili, bordeggianti di fronte alle coste siriane, o da una base in Turchia o a Cipro, partiranno i missili Tomahawk destinati ad infliggere ad al-Assad la lezione che merita dopo aver fatto uso di gas letali in più occasioni.

Ultima, quella del 21 Agosto scorso nei sobborghi di Damasco. Altrettanto chiaramente, però, Obama ha ribadito il concetto alla Siria ed ai suoi alleati, Russia ed Iran, in particolare: il Governo di Damasco merita la punizione per aver usato armi letali di massa.

Intanto, la diplomazia è al lavoro, nonostante le apparenze, perché questa fase acuta della crisi siriana non vada oltre e si trasformi in una crisi dell’intera regione mediorientale.

L’atteggiamento di Obama deve essere letto anche sotto questo punto di vista. La prossima settimana si terrà a San Pietroburgo il vertice del G20 e Vladimir Putin ha indicato quella come una possibile sede in cui trovare una soluzione basata più sul ragionamento che sulla contrapposizione aprioristica. Ovviamente, l’assecondare in parte il Presidente russo significa anche responsabilizzarlo maggiormente nell’opera di convincimento su Bashar al-Assad perché addivenga a più miti propositi.
bombardamento siria 4
Barack Obama, inoltre, sta tenendo conto del dibattito apertosi nel Congresso e negli Usa. Così come del voto che ai Comuni, a Westminster, ha portato al ritiro del Regno Unito dall’alleanza internazionale diretta contro al- Assad.

Obama, poi, non può non prendere in considerazione il fatto che gli ispettori dell’Onu sono appena ripartiti da Damasco e, via Beirut e via Amsterdam, stanno ritornando a New York per riferire al segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon, il quale, però, ha precisato che risultati scientifici certi si otterranno solo nell’arco delle due prossime settimane.

Barack Obama, infine, tiene conto anche delle accuse rivolte contro gli insorti sospettati di aver utilizzato, pure loro, i gas vietati e di come, comunque, siano pesantemente infiltrati da forze jiadiste e sostenitrici di al-Qaeda.

Obama sa cosa deve fare. Lo ha deciso e vuole essere sicuro di farlo bene, giustificato dai fatti e non costretto a passare alla storia come Bush, Powel, Cheney e compagni che lui ha fortemente criticato a suo tempo.

Giancarlo Infante