Obama: punire la Siria senza creare un nuovo Iraq

Obama: punire la Siria  senza creare un nuovo Iraq

Il presidente Barack Obama ha parlato di un possibile attacco militare limitato contro la Siria in risposta all’uso di armi chimiche da parte delle truppe del Governo di Damasco.

Pur confermando di non aver ancora preso una decisione definitiva sull’ipotesi di intraprendere un’azione militare, Obama ha fatto chiaramente capire che i problemi non sono il se o il ma, bensì il quando ed il come.

Ha precisato, però, che la Siria non diventerà l’Iraq perché l’obiettivo non è il rovesciamento di al-Assad, bensì infiggergli una lezione per aver violato le norme internazionali in relazione all’uso di armi di distruzione di massa.

Resta pertanto l’attesa in vista della conclusione dell’ispezione da parte degli inviati dell’Onu, per i quali sembra si debba andare ad una estensione dei termini loro affidati, al fine di giungere ad una decisione, si spera incontrovertibile, sull’uso dei gas che avrebbero portato alla morte di circa 1000 persone, in una buona parte bambini.
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Il campo di coloro che si schierano per l’attesa dei risultati dell’Onu e per sviluppare un tentativo di imbastire un qualche intervento internazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite si è arricchito di nuovi, importanti aderenti: Arabia Saudita, Lega Araba e Gran Bretagna.

Il Primo ministro britannico, David Cameron, ha di fatto cambiato posizione. Dopo aver detto per svariati giorni di ritenere non necessario, o indifferente, il coinvolgimento dell’Onu, ha fatto presentare al suo ambasciatore presso le Nazioni Unite una bozza di risoluzione che è stata esaminata dai cinque paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.

La riunione si è conclusa senza che nessuno dei partecipanti rilasciasse alcun commento ufficiale. Si è solo saputo che si tratterebbe di una bozza sviluppata sulla falsa riga di quella approvata, con astensione russa e cinese, alla vigilia dell’attacco finale al regime di Gheddafi.

Il problema di tutte le cancellerie occidentali e delle principali capitale arabe è quello di non passare dalla padella alla brace e non ripetere gli errori commessi, oltre che in Iraq, recentemente anche in Libia, paese oggi a grave rischio di trasformarsi nella Somalia del Mediterraneo.
damsco distruzione
E’ emblematica la riflessione che fa il quotidiano arabo saudita “Asharq Al-Awsats” sul fatto che “la prospettiva di una rapida acquisizione di alcune delle principali città della Siria da parte di vari gruppi estremisti, che si stanno dimostrando nemici di tutti, sarebbe peggiore di quella di garantire la sopravvivenza ad un dittatore sanguinario”.

Il timore, cioè, è che la Siria possa piombare nel caos più completo se l’intervento internazionale dovesse “troppo danneggiare le infrastrutture di base ed il morale dell’esercito siriano perché l’opposizione moderata non è in grado di sfruttare una tale trasformazione radicale sul terreno senza il necessario sostegno internazionale”.

Cioé, in poche parole, se non si fa un intervento terrestre e si occupa la Siria creando un governo da affidare ai moderati, tanto vale lasciare un al-Assad indebolito al suo posto. In attesa di tempi migliori.
guerriglieri siria
Il timore, inoltre, lo ha detto esplicitamente anche Obama, è che le armi chimiche siriane possano cadere nelle mani sbagliate. Cosa di cui si fa forte il regime di Damasco il quale accusa alcuni paesi occidentali di aver fornito, invece, bombe chimiche ai ribelli e insinua che alto è il rischio di vedere tali bombe utilizzate in Europa dai terroristi in un prossimo futuro.

John Balcony