Non c’é ancora il bilancio di Lampedusa. 350 morti? Immancabili le polemiche. Sarebbe meglio far tesoro di questo terribile dramma e costruire un Mediterraneo “mare di solidarietà”

Non c’é ancora il bilancio di Lampedusa. 350 morti? Immancabili le polemiche. Sarebbe meglio far tesoro di questo terribile dramma e costruire un Mediterraneo “mare di solidarietà”

A Lampedusa, il giorno dopo, è ancora sospeso il bilancio definitivo delle vittime. 350? C’è stato il lutto. Ci sono state tante lacrime.

Immancabili, le polemiche. Ritardo nei soccorsi? C’é chi accusa e c’é chi si difende ricordando il duro lavoro di Capitaneria e delle altre forze di polizia per trarre in salvo migliaia di persone nel corso dell’anno. Anno dopo anno.

Nell’intero mondo contemporaneo si finisce per buttare tutto in polemica. Forse serve a razionalizzare l’angoscia in cui precipita il nostro animo di fronte a fatti che sconvolgono per la loro crudezza ed essenzialità. Cerchiamo, se possibile, le responsabilità. Quelle degli altri!

Persino l’Europa intera, e gran parte dei giornali del mondo, hanno scoperto, all’improvviso, l’ennesimo dramma di Lampedusa e dei migranti che su quello scoglio del Mediterraneo non riescono neppure ad arrivare. Muoiono prima.
cadavere lampedusa
Ci sono volute le immagini dei sacchi neri e verdi accatastati sul molo, e nell’hangar dell’aeroporto, con il loro carico di corpi senza vita. Ci sono volute le sequenze tv dei disperati in lotta per non essere inghiottiti dal mare come è toccato, invece, a tanti loro compagni.

Soprattutto, a centinaia di donne e di bambini. Quando è scoppiato l’incendio a bordo del barcone li hanno fatti accalcare nella stiva. Hanno indicato loro la bara! Sembra che i sommozzatori ne abbiano visti tanti incastrati tra di loro. A 46 metri sotto il mare, in quelle acque cristalline di un’isola che non è più un paradiso per turisti.

E’ un paradossale, terribile cimitero marino in cui non si vedono le tombe ma vi si evoca la cupa certezza di essere stato, e di prepararsi ad essere nuovamente, teatro di continui drammi.

Come il mare riprende il suo ondeggiare, però, è sicuro, noi torneremo alle nostre cose e finiremo per dimenticare la tragedia.

Sconvolgenti cose del nostro tempo. Non sono provocate da un guasto ad un motore o ad uno scafo. Queste, sono solo le ultime drammatiche cause di un complesso e devastante processo innescato dalle disparità esistenti sulla nostra Terra e dai conflitti che ancora continuano a portare lutti, esodi e disperazioni. Persino a pochi passi da casa nostra.
sacchi morti lampedusa
Oggi piangiamo quei bambini, quelle donne, quei giovani inghiottiti da acque incontaminate. Ascoltiamo la commozione di Papa Francesco e di Giorgio Napolitano. Assistiamo anche ai comportamenti al limite dell’umano di alcuni estremisti razzisti che neppure in questo momento sanno tenere a freno le loro belluine pulsioni xenofobe.

Di colpo capiamo che razza di mondo abbiamo costruito. Un mondo senza memoria, un mondo di egoismo, dalle visioni anguste e limitate. Un mondo anche incapace, spesso, di fare tesoro delle emozioni e delle commozioni del momento per trovare, infine, la ragionevolezza ed affrontare e risolvere i problemi alla radice.

Anche l’Europa piange. Anche l’Europa ascolta il Papa. Un’Europa che si è sempre detta cristiana, solidale ed umana. Che questa Europa, traditrice della propria storia, fatta anche di emigrazioni, asciughi le lacrime del momento.
Pope Francis during his visit to Assisi
Trovi, invece, soluzioni valide affinché il Mediterraneo non sia più un enorme fossa comune e torni ad essere quello che è sempre stato: luogo di scambio tra uomini ed occasione per una loro crescita economica e sociale, il più possibile equa e condivisa.

Giancarlo Infante