Magistrato italiano ha scelto di morire in Svizzera col “suicidio assistito”. Ma non era malato. Pietro D’Amico

Magistrato italiano ha scelto di morire in Svizzera col “suicidio assistito”. Ma non era malato. Pietro D’Amico

suo malgrado stava bene, non soffriva, come era convinto, di alcun male incurabile. Lo ha stabilito l’autopsia. Ora è in corso una inchiesta perché è giallo sulla diagnosi. O è stato uno sbaglio dei medici, o la documentazione presentata era falsa. La notizia del clamoroso tragico “abbaglio” è stata diffusa da Michele Roccisano, legale di Tina Russo, moglie del magistrato di Vibo Valentia che si è lasciato morire a Basilea. La vicenda ha da subito presentato lati oscuri. Nessuno aveva saputo niente né della presunta malattia né della decisione del magistrato. L’uomo era partito da solo In auto l’11 aprile scorso. Poi, improvvisamente, com e un fulmine a ciel sereno,dalla clinica svizzera è giunta alla famiglia la notizia della morte volontaria dell’uomo perché affetto da una incurabile malattia degenerativa. Ma poi è emerso che non era così.

Red