La “trattativa Stato-mafia”: un sibillino “monologo” in carcere di Riina inserito a Palermo tra gli atti del processo

La “trattativa Stato-mafia”:  un sibillino “monologo” in carcere di Riina  inserito a Palermo tra gli atti del processo

Totò Riina di nuovo alla ribalta per alcune frasi pronunciate durante una traduzione da un locale all’altro del carcere milanese di Opera dove si trova detenuto. Il “monologo”, avvenuto “apparentemente” a beneficio del personale della scorta e che potrebbe aprire un qualche squarcio di nuova luce sulla intricata vicenda della “trattativa stato-mafia”, è ora al vaglio dei magistrati della Procura di Palermo. “Io non cercavo nessuno, erano loro che cercavano me”, avrebbe borbottato ad alta voce il capo dei capi, aggiungendo poi: “Mi hanno fatto arrestare Provenzano e Ciancimino, non come dicono i carabinieri”.

Messaggi sibillini lanciati ad arte qualche settimana fa, mentre era trasferito dalla sua cella alla saletta delle videoconferenze. “Erano loro che cercavano me” apparrebbe come un chiaroriferimento al dialogo segreto che nel giugno del 1992 venne avviato da alcuni ufficiali dei carabinieri del Ros con l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. “Mi hanno fatto arrestare Provenzano e Ciancimino”, sembrerebbe, invece, la conferma alle parole del figlio dell’ex sindaco, Massimo, che ha descritto con dovizia di particolari i ripetuti ncontri riservati del padre Vito con l’ex comandante del Ros, il generale Mario Mori.

trattativa6Il “monologo” di Riina fa parte di una copiosa relazione redatta e consegnata agli inquirenti da alcuni agenti del Gom, il gruppo speciale della polizia penitenziaria che si occupa della gestione dei detenuti eccellenti. La relazione è ora negli uffici della Procura del Palazzo di Giustizia di Palermo a disposizione appunto dei giudici Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, che si occupano della trattativa Stato-mafia, Relazione che ora è tra agli atti del processo in corso a Palermo nell’aula bunker appositamente allestita nel complesso del carcere dell’Ucciardone.

Totò Riina, anch’egli ovviamente imputato nel processo, per il momento non dovrebbe essere interrogato. Particolare “attenzione”, invece, è stata data gli agenti della penitenziaria a cui il capomafia ha rivolto quelle frasi. Gli agenti hanno confermato il contenuto della loro relazione.

Va rilevato, comunque, come sia la prima volta che il boss di Cosa nostra parli della trattativa, dopo avera sempre fermamente contestata. All’apparenza, un segnale di radicale mutamento di strategia che potrebbe condurre a sorprese, anche sconcertanti.

Enrico Massidda