La sentenza su Berlusconi e la politica Nel Pd c’é chi pensa alle “grandi manovre”?

La sentenza su Berlusconi e la politica  Nel Pd c’é chi pensa alle “grandi manovre”?

La sentenza con la condanna a sette anni per Silvio Berlusconi ha lasciato il segno. Pesa anche sul quadro politico. C’è poco da dire. C’è anche poco da meravigliarsi perché in qualunque altro Paese la cosa avrebbe significato, da subito, una vera e propria tregenda. Da noi è tutta un’altra cosa! Un po’ perché siamo diversi dagli altri popoli in materia di giustizia ed un po’ anche perché tutto era già annunciato. Bisogna solo vedere che piega andranno prendendo le cose a mano a mano che passa il tempo.

Berlusconi per ora, nonostante l’amarezza, dice e fa dire ad alcuni dei suoi che il Governo non c’entra niente. Altri dei suoi, però, lamentano che la sentenza va contro la “pacificazione”. Il Governo Letta dovrebbe essere il segno più alto di questa “pacificazione”.

Il Presidente del Consiglio approfitta del suo ruolo per non impelagarsi in questioni che non lo riguardano come quelle che possono derivare da una sentenza di tribunale. Del resto, tutte le sentenze sono opinabili perché non sempre legge e giustizia coincidono. Così tutti dicono che se l’aspettavano.

Enrico Letta, dopo aver incontrato i sindacati, Mario Monti, Guglielmo Epifani, riceve a Palazzo Chigi anche Silvio Berlusconi. Il capo del Pdl ci va accompagnato da Angelino Alfano e da Gianni Letta. Lo zio del Presidente del Consiglio, “consigliori” di Berlusconi.
letta gianni bersluca
I tre del Pdl arrivano a Palazzo Chigi sulla scia di commenti di fuoco indirizzati verso la sentenza milanese. I berlusconiani, ovviamente, sono indignati. Una sentenza pilotata. Lo vogliono eliminare a colpi di sentenze. Non c’è più democrazia! Questo è un attacco al voto degli elettori. E così via.

Maestro in questo è stato Giuliano Ferrara. Per gridare il proprio sdegno si è fatto addirittura montare in fretta e furia un palco a Piazza Farnese. Proprio sotto le finestre dell’ambasciatore di Francia. Ma non ce l’aveva con lui. Voleva solo far sentire meglio la profondità del suo pensiero: “Siamo tutti puttane”.

Chissà cosa avranno pensato le suore brigidine che a trenta metri di distanza stavano assorte nel loro convento, con tanto di stanze per ospiti paganti. Con lui, cioè con Ferrara, c’era la “pasionaria” per eccellenza dei berlusconiani, Daniela Santanché, che da tempo prevedeva l’amara sentenza. Per lei anche iniqua. C’é da riconoscere che c’aveva proprio azzeccato. Forse, però, non si aspettava addirittura sette anni!

C’era anche la moglie di Giuliano Ferrara, Anselma Dell’Olio. Le due famose donne temendo che il messaggio di Ferrara potesse non giungere forte e chiaro avevano pensato bene di indossare una maglietta con su scritta la stessa frase gridata dal direttore del Foglio. “Siamo tutte puttane”. Hanno sorvolato sul fatto che qualcuno potesse fraintendere. Perché poteva pensare che fosse un modo per indicare la loro professione. Quella più antica del mondo!
ferrara
Giuliano Ferrara, lasciata per un po’ la sua redazione, ha continuato così ad arringare la piccola folla raccoltasi dinanzi a Palazzo Farnese: “Ci dobbiamo svegliare dal torpore, tornare in piazza per impedire che Berlusconi venga messo in galera senza giustizia”. In realtà, Silvio Berlusconi ha ancora la possibilità di appellarsi alla prima sentenza ben due altre volte. Se ci saranno stati degli errori giudiziari in questo primo round non mancherà l’occasione per riparare. E noi glielo auguriamo.

Gli altri, quelli che da vent’anni gridano al Berlusconi mafioso, prepotente ed antidemocratico , ovviamente, la vedono in maniera diversa: era l’ora che pagasse il fio di tutte le sue nefandezze! E’ stata dura ma, batti e ribatti, siamo riusciti a farlo condannare prima che scattasse una qualsiasi prescrizione. Ovviamente, questi “pasdaran” antiberlusconiani si aspettano, adesso, che giunga la ciliegina sulla torta. Cioè che i Sel, i M5S e quei “pavidi” del Pd si decidano a votare l’ineleggibilità dell’odiato usurpatore. Così, Silvio Berlusconi sarebbe proprio che bello sistemato. Condannato ed espulso dal Senato.

C’è chi insinua che Ignazio Marino a Roma stia provando a sperimentare questa linea. Così, chiede ai seguaci di Beppe Grillo di dare un nome, anche un solo nome, che lui immediatamente gli affida l’incarico di Assessore alla Sicurezza ed alla legalità. Come se, per curare la “legalità”, la giunta capitolina avesse bisogno di un incarico specifico e non uniformarvi il comportamento e l’impegno di tutta la struttura dirigenziale e politica del municipio.

Insomma c’è chi sostiene che anche nel Pd c’è chi prova a fare le “grandi manovre” per smontare l’attuale maggioranza di Enrico Letta e crearne una nuova. O con la benedizione in pompa magna di Beppe Grillo o con una “benedizioncina” più ridotta che si limiti a quella dei “grillini” dissidenti che, oramai, quasi tutti i giorni aumentano e lasciano i gruppi parlamentari del M5S in aperto dissidio con il leader genovese.
BEPPE GRILLO .GIORNATA DEL V DEY 2 IN PIAZZA SAN CARLO.NELLA FOTO BEPPE GRILLO
Anche sulla proposta Marino, Grillo ha tuonato contro. Ma siccome a Roma ognuno fa come gli pare, anche i suoi seguaci romani hanno fatto finta di non sentirlo e hanno seguito ciò che stava loro passando per la testa. Hanno, cioè, indetto un referendum on-line, continuano a crederci nello strumento!, senza curarsi molto dell’avvertimento di Beppe. Lui voleva dire subito di “no” alla proposta del Sindaco romano.

Alla fine, invece, come l’uomo del monte, anche il popolo grillino ha detto “si”. Daranno il nome dell’Assessore alla Sicurezza ed alla legalità della Capitale. Chi vive a Roma, stanotte, va a letto più tranquillo e rincuorato.

G. I.