Isolamento dei minori di fronte al pc: la ” Generazione Hikikomori”

Generazione H è il libro presentato nei giorni scorsi dalla Psicoterapeuta Maria Rita Parsi nel corso di un interessante dibattito tra studiosi al Centro Congressi dell’Università La Sapienza sul tema “In famiglia, malgrado gli smartphone”.  

L’argomento trattato al Convegno di Roma prende spunto dalla scoperta di una malattia apparsa in Giappone nei primi anni ‘90 chiamata “Sindrome di Hikikomori” da Tamata Fujiva e ripresa successivamente nel 1998 dallo psichiatra Saito Tamaki che descrisse in un libro i sintomi della malattia.   

Hikikomori è un termine giapponese il cui significato è “stare in disparte, isolarsi”. Colpisce bambini, adolescenti e giovani adulti al di sotto dei 30 anni, soprattutto ragazzi. La Sindrome di Hikikomori costringe gli adolescenti a isolarsi, a chiudersi in camera per giorni, a rifiutare amicizie, cibo,  ad aver paura di viaggiare ed avere contatti con altre persone. La loro unica occupazione, durante il loro isolamento, è essere connessi con il computer. Secondo l’Agenzia Agi, in Giappone questa malattia sembra abbia colpito in 20 anni circa 500 mila ragazzi. Si è poi propagata anche in Europa; in Italia, secondo una recente stima, gli adolescenti colpiti dalla sindrome di Hikikomori sono circa 100 mila.

Lo scopo del convegno Famiglia e smartphone è fornire alla società, alla scuola e alle famiglie elementi scientifici per fronteggiare un aspetto della vita quotidiana immersa ormai nelle nuove tecnologie. Certo, l’innovazione tecnologica, la rete, il web, è una enciclopedia straordinaria a disposizione di tutti, compresi i nativi digitali, ha commentato Pier Luigi Battista editorialista del Corriere della Sera. Ma l’immersione nella rete per tante ore da parte di tanti giovani nasconde anche pericoli dai quali occorre difendersi, magari con l’aiuto dei genitori. Infatti, oltre a rappresentare una fonte inesauribile di informazioni e di notizie, la rete nasconde spesso pericoli non facilmente riconoscibili senza l’aiuto di un adulto o di un’insegnante. Nel mare infinito del Web, ci sono fake news, cyber bullismo, siti pedopornografici e tanto altro ancora.

I nativi digitali si rifugiano spesso nel virtuale per appagare la propria curiosità, i propri desideri, le proprie aspettative, per consolidare la voglia di appartenenza al mondo. In realtà, nei casi più gravi, sono solo illusioni. Non a caso lo scrittore coreano Byung–Chul Han nel suo libro di visioni del digitale scrive dell’illusione di stare con la massa, mentre in realtà si agisce in solitudine, anche se si respira apparentemente un atmosfera di felicità quando si è connessi: “quando comunico per via telematica col mio amico a San Paolo del Brasile, non solo si piega lo spazio, ed egli si avvicina a me e io a lui, ma si piega anche il tempo, il passato diviene futuro, il futuro diviene passato ed entrambi divengono presenti”.

Ecco, il Web è come un libro aperto dove ognuno, giovane e non, si addentra per “postare” notizie vere o false, intelligenti o prive di significato, pornografiche o poetiche. Ha scritto Umberto Eco: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli. Prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino senza danneggiare la collettività, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel”.

Nel convegno “La famiglia, malgrado gli smartphone” alcuni relatori hanno sottolineato la difficoltà dei genitori di seguire i propri figli per indirizzarli e fornire loro le “maniglie culturali” cui aggrapparsi. Altri docenti hanno sottolineato la difficoltà della scuola ad essere comunque un’Agenzia culturale di riferimento per i millennials.

Certo, non tutti i genitori o gli adulti hanno la stessa conoscenza delle innovazioni tecnologiche dei nativi digitali, dei siti sconosciuti frequentati a volte con assiduità dai ragazzi che sfiora, o supera, la dipendenza da un soggetto virtuale sconosciuto.

Ma sicuramente i genitori e la scuola, le più importanti agenzie di educazione e protezione della famiglia e dei giovani, hanno dalla loro parte l’esperienza e la maturità per proteggere e indirizzare al meglio i loro figli e i loro alunni.

Giuseppe Careri