Il Regno Unito dice no sulla Siria: brutta sconfitta per Cameron a Westminster Il cerino acceso resta solo in mano ad Obama

Il Regno Unito dice no sulla Siria:  brutta sconfitta per Cameron a Westminster  Il cerino acceso resta solo in mano ad Obama

285 voti contro, 272 a favore. Il Regno Unito non parteciperà all’attacco contro la Siria. Per la prima volta, dal 1939, gli Stati Uniti non avranno al loro fianco i britannici in un’azione militare di rilievo internazionale e, soprattutto, in Medio Oriente.

Uno dei tanti paradossi della situazione politica internazionale sempre più in un uno stato delicato e confuso ed in balia di eventi veri e mediatici, più o meno creati ad arte.

Il voto del Parlamento di Londra arriva come una novità assoluta. Una novità che segna in maniera palmare la diffidenza crescente che, in tutto il mondo, si è creata verso le cosiddette “missioni umanitarie”, gli attacchi “mirati”, magari fatti con “bombe intelligenti”.

La diffidenza verso i rapporti delle “intelligence”, le decisioni guerresche assunte dai vertici degli stati nonostante il parere di larga parte della pubblica opinione e, soprattutto, nonostante il sospetto che molte delle vicende da cui viene fatto dipendere l’andamento del mondo sono, in realtà, finalizzate non al bene comune ma agli interessi di qualcuno.
bombardiere
Nel voto alla “House of Commons” che, in parte a sorpresa, interrompe una consolidata tradizione di alleanza britannica con gli Stati Uniti, senza se e senza ma, c’è il pesante ricordo delle bugie raccontate ai tempi dei governi di George Bush e Tony Blair sulle vicende irachene. Le provette di acqua fresca spacciate all’Onu per chissà quale arma letale. I dossier fabbricati, ahi noi, pure da nostri connazionali, sull’uranio proveniente dal Niger. Si pensa che tutti si scordino di tutto? Il voto di Londra dimostra che la memoria, in molti casi, è dura a morire e che può fare anche dei brutti scherzi!

E’ strano come, a volte, i governanti non riflettano sulle cose evidenti che trasformano il mondo e che loro dovrebbero conoscere meglio di tutti noi. Non sanno che soprattutto oggi, grazie alle notizie sempre più diffuse quotidianamente, la gente riceve anche informazioni “scomode”, un tempo destinate ad un pubblico molto più ridotto ed elitario?
siria morti
Pensano, quindi, che la retorica e le strumentali commozioni per eventi purtroppo tragici, come è stato quello delle centinaia di persone uccise dal gas in Siria da dei veri e propri criminali, riescano a nascondere il fatto che questo Paese medio orientale, oggi, significa un altro pezzo di “conflitto” sul petrolio, la sua gestione, il suo trasporto?

Siria significa il confronto in atto tra mondo islamico sunnita e quello shiita: una buona parte del “regno” del petrolio! Significa scontro sempre più aperto, all’interno della realtà sunnita, tra Arabia Saudita e le forze collegate alla Fratellanza Musulmana fatte da Qatar, Turchia e la parte dell’Egitto finita di nuovo nelle patrie galere del Cairo nelle scorse ore.

Il voto contro il Primo ministro britannico David Cameron é anche un voto frutto, come ricorda “The Independent” di Londra, della mancata risposta ad un quesito di fondo: qual era l’interesse di Bashar al-Assad, il 21 Agosto, ad usare dei gas contro la popolazione civile in un sobborgo di Damasco mentre a pochi chilometri di distanza, in un albergo della capitale siriana, erano già scesi, il 18 Agosto, 20 ispettori mandati dall’Onu per indagare su tre casi sospetti di uso di gas avvenuti in precedenza, di cui due addebitati ai ribelli ed uno alle forze di al-Assad?

E tutto questo, si chiede il quotidiano londinese, così come l’hanno chiesto i parlamentari contrari alle intenzioni bellicose del Primo Ministro britannico, perché?, se l’esercito siriano sta recuperando terreno contro i ribelli ed ha riconquistato importanti punti strategici in tutto il Paese usando solamente le armi convenzionali?
truppe siriane in festa
Il voto contro l’intervento in Siria, dunque, è stato un voto anche contro gli elementi di prova portati finora.

Cameron si starà, allora, forse chiedendo se non sia stato anche un disastro cercare questo voto in Parlamento mentre gli ispettori dell’Onu non hanno ancora ultimato il compito ispettivo sul campo.

Il Segretario dell’Onu, Ban Ki-moon, infatti, li ha richiamati a New York solo per sabato 31 Agosto. Da loro riceverà un primo sommario rapporto. Poi, sembra, ci vorranno un paio di settimane prima di avere un responso definitivo su due domande fondamentali: siete certi che sono stati usati i gas? Potete dire chi li ha usati? Lo sapremo.

Mentre Cameron riflette su un rovescio politico di portata mondiale per il suo ruolo, Barack Obama, adesso, è in piena solitudine a prendere le proprie decisioni.

Si fa per dire, perché attorno a sé ha centinaia di esperti, collaboratori degli esperti, assistenti dei collaboratori e così via. Ha già fatto sapere che, rammaricato per il voto di Londra, continuerà a tenersi in contatto con quello che fino ad oggi era il più fedele degli alleati, come piacevano dirsi l’un l’altro la signora Margaret Thatcher e Ronald Reagan.
obama collaboratori
Da un lato, il disimpegno britannico potrebbe creargli dei problemi soprattutto in termini d’immagine e di dibattito politico interno, dove già sta crescendo il fronte dei contrari all’intervento, persino in alcuni settori repubblicani.

Il repubblicano Jim Inhofe dell’Oklahoma, importante componente del Comitato degli armamenti del Senato, ad esempio, dice che l’amministrazione Obama non può “sostenere l’azione militare in Siria, a meno che il presidente non presenti al Congresso la sua completa strategia sulla regione per la salvaguardia dei nostri interessi di sicurezza nazionale ed il bilancio per supportarla.

Le nostre truppe sono ridotte al minimo, il bilancio della difesa è sceso a livelli storici e siamo di fronte a disordini senza precedenti di in tutto il Medio Oriente, tra crescenti preoccupazioni circa l’influenza iraniana sulla regione e le sue ambizioni nucleari. Nessuna linea rossa avrebbe dovuto essere indicata senza avere una strategia ed il finanziamento per sostenerla “.

La “solitudine” degli Stati Uniti, però, lascia a Obama anche più mano libera nel condurre l’eventuale azione “punitiva” verso al-Assad nei termini che meglio egli valuterà, anche in relazione a tutto il complesso scacchiere della regione medio orientale.

Lo farà, e la precisazione non è di poco conto: tenendo conto degli interessi degli Stati Uniti. Una formula scontata ma che la dice lunga sulla situazione in cui si trova il Presidente americano: mi avete messo in questo pasticcio, ora lo risolvo nel modo che meglio mi conviene.
navi lanciamissili usa
Il paradosso della sua situazione, infatti, è che il Barack Obama si ritrova con il cerino acceso in mano.

Londra e Parigi hanno fatto fuoco e fiamme per mesi per costringere la comunità internazionale ad entrare in guerra contro il regime siriano. Cosa su cui egli aveva sempre resistito puntando più ad organizzare una conferenza di pace e vedere di mandare in esilio al-Assad, piuttosto che bombardarlo.

Adesso, alla vigilia di attivare le spolette dei missili Tomahawk, imbarcati sulle quattro corvette statunitensi già pronte al tiro di fronte alle coste siriane, il Regno Unito esce di scena ed il Presidente Francese Francosise Holland non sembra più tanto fermo sui piedi nella posizione di combattente mediorientale.

Giancarlo Infante