IL REFERENDUM NON È L’USCITA DELLA GRECIA DALLA CRISI. PUÒ ESSERE INVECE IL PASSAGGIO CHE DETERMINA LA SUA USCITA DALL’EUROPA

IL REFERENDUM NON È L’USCITA DELLA GRECIA DALLA CRISI. PUÒ ESSERE INVECE IL PASSAGGIO CHE DETERMINA LA SUA USCITA DALL’EUROPA

Le scene di giubilo dei militanti di Syriza sono pienamente comprensibili, ma la vittoria dei no (più del 60 per cento) fa di questo referendum un ostacolo sulla strada della risoluzione, ancorché graduale, della crisi greca.

Il risultato della consultazione popolare rende infatti più rigida la manovra delle cancellerie europee. Domani vedremo come reagiranno le borse, anche se non è azzardato prevedere un avvio tumultuoso delle contrattazioni.

La risposta che ora può essere trovata non passa attraverso un ulteriore mercanteggiamento macchinoso e incomprensibile. Stanotte, dopo il vertice tra Varoufakis e la Banca centrale greca, il tenore dell’iniziativa del governo ellenico dovrà assumere una fisionomia chiara.

La dura realtà non cambia: Grecia è un Paese indebitato, oltre ogni misura ragionevole. Pensare che il voto referendario annulli il debito contratto negli anni è un azzardo nell’azzardo.

Chiedere che si raggiunga un’intesa in 48 ore è importante; più importante, però, è che Atene dimostri di non voler utilizzare l’esito referendario come una fuga dalla realtà è uno strumento di ulteriore esasperazione dei rapporti all’interno dell’Unione Europea.

L’Italia potrebbe fare molto in queste ore concitate e difficili. Si vedrà cosa Renzi sarà in condizione di inventare sotto il profilo politico. Finora la linea del governo italiano è stata oscillante, dunque poco incisiva. Bisogna avere intelligenza e fermezza per evitare l’uscita della Grecia dall’Europa.

Lucio D’Ubaldo