il “Fischio” da concerto Elena Somaré racconta

il “Fischio” da concerto  Elena Somaré racconta

Il fischio è lo “strumento”, perché di strumento si tratta, più maleducato per eccellenza. Ma c’è chi fin dall’infanzia con pazienza e amore lo ha educato fino a renderlo ineguagliabile protagonista di straordinarie sensazioni. Elena Somarè è un’artista, decisamente grande, sempre in cerca del nuovo, forse anche di quell’impossibile che poi non è. Solo Elena poteva trasformare il fischio in un più che armonioso strumento da concerto.

Fischio da quando sono piccola. Mi e sempre venuto naturale, nonostante nessuno fischiasse nella famiglia in cui vivevo. Solo mio padre fischiava benissimo, ma non ho mai vissuto con lui più di 15 giorni all’anno quindi non poteva avermi insegnato.

Già all’età di 6 anni fischiavo le arie delle opere e mia madre mi esibiva davanti agli amici. Per me fischiare era un piacere e anche una valvola di sfogo. Non si e mai tristi quando si fischia. Interpretare una melodia col fischio significa sentirla risuonare dentro il tuo corpo, ma soprattutto nella testa, ancor più che cantare. È un suono che ti assorbe completamente. È come suonare con la bocca chiusa…in segreto. È un suono solo tuo, in cui puoi evadere, dimenticare tutto.

Schermata 09-2456541 alle 08.55.04Qualche anno fa, grazie a una carissima amica, Ada Montellanico, che è una grande cantante jazz, ho fischiato per la prima volta in pubblico. Era il suo compleanno e lo festeggiava in un locale storico di Roma duettando con amici jazzisti, tutti molto noti. Insieme abbiamo eseguito un brano e mi sono resa conto che non provavo alcune timidezza. Strano. Quello era un pubblico difficile, di addetti ai lavori. Io stavo fischiando… non era esattamente quello che ci si aspetta in un tempio del jazz. Avrebbero potuto incenerirmi, ma non avevo paura. Quello che stavo facendo, fischiare davanti ai migliori jazzisti italiani, mi sembrava normale.

Dicono che sia molto difficile mantenere una buona intonazione quando si fischia. Come stare in equilibrio sulla corda tesa. Non ti puoi reggere sullo strumento, sei sola e puoi cadere. Ma per me non è cosi, per me fischiare è la cosa più naturale del mondo, come parlare, mangiare, guidare…

La seconda volta che ho fischiato in pubblico era in un posto ancora più terrorizzante, Schermata 09-2456541 alle 08.54.04l’Auditorio di Roma, e anche questa volta grazie all’invito di un amico fraterno, Massimo Nunzi. Lì ho fischiato da sola, senza accompagnamento. Salire sul palco nel silenzio totale (non mi avevano annunciata per sfruttare l’effetto sorpresa) e fischiare davanti a 1200 persone, sentire lo stupore e poi la felicità dell’applauso, è stata un’emozione unica.

Poi ho avuto una fortuna incredibile. Ho trovato un maestro. Ho incontrato un grande musicista, Lincoln Almada, e lavorando con lui ho capito che avrei potuto affrontare il passo successivo. Lincoln non è soltanto un’arpista straordinario, un’artista dotato di tecnica implacabile e cuore sensibile. Lui è sopratutto una di quelle persone rare che ti fanno sentire il senso di ciò che stai facendo. Con la sua guida ed il suo aiuto ho capito che avrei potuto usare questo mio talento innato e farlo diventare lo strumento di una ricerca artistica.

Il fischio è sempre stato considerato una curiosità, uno spettacolo di cabaret. Ci sono fischiatori virtuosissimi che imitano alla perfezione uccelli o strumenti musicali facendo cose di una difficoltà tecnica Schermata 09-2456541 alle 08.56.21pazzesca. Sono giocolieri, funamboli bravissimi, ma è difficile che facciano musica. Che invece è il mio obbiettivo, anche se il fischio per una donna è un’aggravante. Le donne non potevano fischiare senza essere redarguite: era considerata una cosa disdicevole, maleducata.

In molte culture primitive era un suono pericoloso, che attira i demoni. Il fischio è la voce del diavolo nel Mefistofele di Arrigo Boito. Ma io vedo la sua bellezza. Può essere carnale e angelico allo stesso tempo. È un suono strano, inquietante, sempre in bilico pericolosamente tra la nota pura e quella stridula. Eppure può essere bellissimo, incredibilmente intimo. Perché la voce può essere impostata, ma nel fischio c’è l’anima della persona, senza filtri.

Con Lincoln ho studiato due anni e ancora dovrò fare molto, ma grazie a lui e ad altri musicisti bravissimi ho potuto realizzare qualcosa che credo non abbia precedenti: il tentativo di usare il fischio aaaelena1come forma espressiva musicale a pieno titolo. Il fischio come canto, come racconto dell’anima. Abbiamo registrato in luoghi diversi: un casale nelle campagne di Capalbio, lo studio Millennium a Roma, la Scuola di Musica di Orte.

In un brano registrato a Orte, in un’aula che non era insonorizzata, si sente da fuori il canto degli uccellini. Siccome il fischio è stato inciso assieme agli altri strumenti senza una pista dedicata, il problema non si è potuto aggiustare. Giusto, meglio così: la verità di un momento, l’interazione tra i musicisti, l’influenza reciproca, il caso, fanno parte del racconto. Il fischio, mi pare di averlo già detto, tra tutti i suoni è quello più umano, quello meno infallibile.

Elena Somaré