Il Coach: un cercatore d’oro contemporaneo

Il Coach:  un cercatore d’oro contemporaneo

Ormai in tanti hanno sentito parlare di Coach, anche se “molti di questi tanti” non sanno affatto cosa significhi esattamente il termine, né tantomeno che sia una professione. Elisabetta Martelloni, fiorentina, 50 anni, marito e due figli adolescenti, ha deciso di diventare coach, come ci ha raccontato, quando ha intuito e “toccato con mano” che questa professione poteva consentirle di trasformare l’energia – spesso male utilizzata- delle persone in risorse.

Tra le professioni emergenti che attirano l’attenzione di un gran numero di persone c’è, appunto, il COACH, ovvero il motivatore personale: colui che aiuta le persone a raggiungere le massime prestazioni nell’ambito del lavoro, della vita privata, della salute e dello sport.

Già da molti anni si è diffusa la convinzione che ciascun individuo non riesca a sfruttare al massimo il proprio potenziale, e grazie ad una disciplina di matrice americana (oramai già ampiamente diffusa anche in Europa) chiamata Programmazione Neuro Linguistica (la sigla è PNL) si è capito che l’origine di ogni problema può essere riscontrata attraverso l’analisi del linguaggio.

Il coach “parlando” capisce quali sono i limiti che impediscono al proprio assistito di sfruttare al massimo il proprio potenziale e interviene, in pratica, sbloccando le situazioni che si sono “congelate” e che creano ostacolo al fluire della propria positiva energia.

BETTA2Il coach individua, talvolta prima della persona che assiste, quali sono i veri talenti su cui puntare, esattamente come faceva in antichità un cercatore d’oro setacciando la sabbia dei fiumi.

Il coach sa bene che ogni persona ha dei talenti e possiede caratteristiche uniche e irripetibili, per questo inizia il proprio lavoro cercando di evidenziarle e di programmare un percorso di assoluta valorizzazione dell’unicità di ciascuno. Questo percorso si esprime attraverso la formulazione di obiettivi precisi da parte del cliente. Senza la definizione di obiettivi non esiste la relazione di coaching.

Un coach che aiuta un’azienda a svilupparsi si definisce business coach, mentre quello che aiuta una singola persona a raggiungere i propri obiettivi personali si chiama life coach. Cambia il contesto ma le tecniche restano le stesse: si inizia dal capire quali blocchi ostacolano il pieno sviluppo e si interviene ponendosi degli obiettivi di performance che vengono costantemente monitorati.

Ci sono molti strumenti per giungere alla completa fruizione del proprio potenziale. Molto spesso si svolgono attività attraverso un dialogo tra le quattro mura di uno studio, ma alcuni interventi prevedono anche un confronto diretto, sul campo, con le proprie paure e le proprie difficoltà, perché il coach è una persona “pratica” che non analizza il passato del proprio cliente come farebbe uno psicologo ma si concentra su quei cambiamenti che ne possono cambiare l’approccio al futuro.

Una tecnica spesso utilizzata ad esempio è la “rottura di modulo” attraverso la quale si stupisce il paziente “costringendolo” a prendere in considerazioni soluzioni nuove a vecchie questioni che in maniera improduttiva si ripetono da anni. Si lavora attraverso intuizioni, sollecitazioni, visualizzazioni e anche provocazioni, perché la mente umana è molto sensibile al fattore dell’imprevisto e quando viene costretta a mettersi in gioco genera soluzioni creative.

Potremmo affermare che un coach non può svolgere il proprio lavoro senza ricorrere alla creatività che si esprime attraverso le idee che rompono gli schemi e all’intuito relazionale.

BETTA3Un esempio è Elisabetta Martelloni, che svolge la propria attività prevalentemente in Toscana ma che segue aziende anche sul territorio nazionale, è una life & business coach che ha raggiunto la propria dimensione professionale dopo un lungo percorso personale e formativo.

Proprio in seguito ad una sua personale commistione di studi tra l’area tecnico-razionale e quella karmica-spirituale ama definirsi un coach olistico: lavora per trasformare tutte le parti di una persona in un insieme armonico.

Ogni coach infatti persegue una propria “missione” che corrisponde alle proprie scelte di vita e valori. Ci sono coach più orientati alla competizione ed altri più orientati al benessere e all’armonia relazionale.

Elisabetta, pur lavorando anche con atleti, attori e clienti che richiedono alte prestazioni fisiche e mentali, tuttavia non vuole mai sottovalutare l’importanza di un benessere equilibrato tra tutte le componenti della vita di una persona, sottolineando che è proprio dall’unione delle componenti fisiche, spirituali e intellettive che si può arrivare ad un equilibrio profondo e duraturo.

Dopo un diploma di Voice Dialogue, 4 anni di collaborazione con società HRD dove ha ricoperto il ruolo di docente, manager e coach, tutti i livelli da PNL practitioner a master practitioner con Andrea Favaretto, coach professionista presso NLP, si è dedicata ai seminari Roy Martina (Omega Healing, Christallin, Prof. Ignatenko).

Ha approfondito e condivide le discipline della meta-medicina promosse da Gabriella Mereu, a proposito del rapporto corpo mente, dove pensa che la malattia e il disagio fisico siano connessi a dei blocchi generati dalla mente.

Tra le principali tecniche che Lei utilizza abbiamo sentito molto parlare di rilassamento profondo. In cosa consiste?

BETTA4Per rilassamento profondo si intende un vero e proprio colloquio con l’inconscio, al quale vengono date suggestioni positive come la consapevolezza e il potenziamento di risorse. Vi si accede attraverso una visualizzazione guidata che permette alla persona di andare in uno stato simile al dormiveglia. In questa situazione il cliente presenta il massimo dell’apertura e possiamo lavorare per potenziare l’energia.

Se una persona ha vissuto eventi traumatici è possibile farglieli dimenticare?

Dimenticare non credo, ma è possibile scaricarli di emotività, fino a renderli molto gestibili. In questo caso si adotta un metodo che si chiama Changing Personal History e consiste nel riprogrammare, sempre attraverso l’uso del linguaggio, il proprio passato.
In questi casi si usa anche la Timeline, ovvero la “scrittura” della propria linea della vita.

Richard Bandler, uno dei fondatori della PNL, amava dire “non è mai troppo tardi per avere un’infanzia felice”. Attraverso la Timeline è possibile tornare indietro nel tempo e riprogrammare il nostro passato per poi andare verso obiettivi futuri.

Esiste anche una tecnica, che si chiama Swish e consiste nella sostituzione di immagini depotenzianti con immagini potenzianti. Si usa per smorzare i brutti ricordi e per cambiare comportamenti improduttivi (mangiarsi le unghie, fumare, atteggiamento compulsivo verso il cibo, ecc).

Se un paziente si sente frustrato e ritiene di non avere nessuna capacità né abilità, può fargli cambiare idea?

BETTA5Una tecnica efficace quando un cliente è vittima di una generalizzazione depotenziante (es: io non so fare niente) è lo Scramble, ovvero una sorta di “sdrammatizzatore” di situazioni: si usa proprio per cambiare credenze improduttive derivanti dal passato, e influenze ricevute spesso nell’infanzia, da “maestri” senza scrupoli che non davano la possibilità di esprimere il proprio potenziale.

Quando si hanno grandi paure, invece, a quali strumenti possiamo ricorrere?

Alla luce della mia esperienza lo strumento più efficace è il Collasso di ancore. E’ un cortocircuito benefico emozionale e si si utilizza per rimuovere blocchi, per esempio paura di guidare in autostrada, paura dell’ascensore, paura di parlare in pubblico…

Se dovessimo affrontare una prestazione sportiva o un esame, o un colloquio importante e sentissimo l’emozione che ci blocca lo stomaco, cosa potrebbe fare per noi?

C’è una tecnica molto interessante che si chiama Rotazione. Consiste nell’inversione positiva di energie, si usa quando si vuole potenziare uno stato emozionale, o passare da uno stato depotenziante ad uno invece, potenziante. Ad esempio per affrontare un esame, dove sappiamo di essere preparati ma l’emozione ci tiene sotto scacco.

Vuole aggiungere qualche altra cosa?

Non aggiungere, ma vorrei specificare che quello scritto sino ad ora ha la funzione di introdurre il lettore nella mia professione, ma il tutto è stato naturalmente semplificato per poter essere facilmente riportato in un contesto discorsivo. Mediamente una relazione di coach dura 3/6 mesi e le cose che si svolgono sono molte e tutte tarate sulle specifiche esigente del cliente. Ringrazio RomaSettimanale.it per aver avuto la possibilità di parlare di questo lavoro che amo, e in cui credo moltissimo, ma che non è ancora abbastanza conosciuto. Grazie davvero.

Laura Vaioli