I “polli di Renzo” non riguardano Matteo, erano tutt’altra cosa. Chi pensa che ora possa fare il Capo del Governo al posto di Letta è assolutamente fuori strada

I “polli di Renzo” non riguardano Matteo, erano tutt’altra cosa. Chi pensa che ora possa fare il Capo del Governo al posto di Letta è assolutamente fuori strada

Matteo Renzi è tutto fuorché un pollo. E sono in tanti, sembrerebbe, a confondersi credendo abbia a che fare con quei volatili. Quelli erano i “polli di Renzo”, tutt’altra cosa di manzoniana memoria. Matteo Renzi è un giovanotto sveglio, toscanaccio fino al midollo, impetuoso e deciso, che non ha paura di sbagliare. Non fa certo parte di quella larga schiera di quanti, nel timore dell’errore, preferiscono star fermi e non agire. Il Renzo promesso sposo di Lucia era un contadinone di Lecco che vedeva Bergamo come New York, figuriamoci Milano. Matteo Renzi è in fiorentino che ama la sua citta, conosce il mondo, e viene a Roma solo per lo stretto necessario, facendo avanti e indietro con i Frecciarossa e gli Italo della situazione, che sembra siano stati fatti apposta per lui.

Non capiamo proprio perché si insista tanto sulla possibilità che Matteo vada subito a capo del Governo, fregando la poltrona a Enrico Letta con la patetica scusa della necessità della staffetta. Matteo Renzi mica è come quel Ciriaco De Mita che fu fregato dalla sfrenata ambizione per la presidenza del Consiglio perché altrimenti al paesello di Nusco lo avrebbero considerato inferiore a Craxi che ricopriva, come lui, la carica di segretario del partito e al tempo stesso quella di Presidente del Consiglio.

1aac7Ma Bettino socialista era, in un partito piccolo forgiato come struttura semi padronale. De Mita era invece parte della grande balena democristiana, insieme di intrighi, accordi, tradimenti e sotterfugi impregnata di consuetudini clericali dove la chiarezza era considerata voce del demonio. Ma volle osare, sospinto dalla onnipresente schiera dei falsi adulatori verso il baratro del disastro più che annunciato. Fu così lo stesso Presidente e Segretario. Ma in breve gli fecero lasciare la Segreteria tirando fuori a sorpresa dal cilindro il codicillo che impediva nel partito il doppio incarico e così fu poi semplice gioco disarcionarlo da Palazzo Chigi..

Matteo mica è scemo. Vero è che non sta nella Dc, ma conosce il Pd e sa come ancora sia pressoché la stessa cosa. Ben capisce che in queste condizioni, senza esser né senatore o deputato e con pochi parlamentari eletti amici suoi andrebbe verso il fallimento assicurato. La struttura portante del Pd metterebbe il suo Governo rapidamente in crisi, portandolo di corsa ad elezioni anticipate sperando addirittura nella vittoria del loro vecchio amico Berlusconi per togliersi una volte per tutte dalle scatole il rampante giovanotto di Firenze ed evitar per di più di finir definitivamente rottamati..

1aac13Renzi Matteo, oltretutto, è pure fortunato. L’amico-rivale Enrico Letta non è sottilmente contorto come il collaudato Massimo D’Alema. Letta è schietto e genuino, almeno tale appare, e pure molto attaccato al ruolo di Premier che non vuole mollare. Quindi non certo disponibile a favorire il “trappololone” per ragion di partito.. Dove comunque il Renzi non dei polli cadrebbe mai. Mentre il Berlusca, ritenendo forse un pollo chi l’ha resuscitato con l’incontro di largo Nazareno, insiste, spalleggiato da Lupi assieme ai suoi finti scissionisti, confondendo Matteo con il Renzo dei polli. Cavaliere, quello si chiamava di cognome Tramaglino, non Renzi. Renzo era il nome. Matteo non c’entra con i polli.

Enrico Massidda