Guardian e New York Times alleati per la battaglia sull’informazione contro i governi Usa e Gran Bretagna

Guardian e New York Times alleati  per  la battaglia sull’informazione  contro i governi Usa e Gran Bretagna

La battaglia si fa sempre più dura tra la stampa, in particolare “The Guardian” di Londra, e gli apparati statali preposti ai servizi di sicurezza ed al controllo dei cittadini. La situazione è precipitata dopo lo scoppio del caso di Edward Snowden, ex collaboratore della Cia, che ha passato al “The Guardian” tutta la documentazione necessaria a dimostrare come i servizi statunitensi e britannici, con la giustificazione della lotta al terrorismo, continuino a controllare la maggior parte di comunicazioni che normali cittadini si scambiano, ignari di tutto.

Il caso si è arricchito, poi, allorquando David Miranda, il compagno del giornalista del quotidiano londinese che ha tenuto i rapporti con Snowden, David Miranda, è stato trattenuto per nove ore all’aeroporto di Heathrow sulla base di una legge antiterrorismo britannica.

Per questo fatto, il comportamento della polizia ora é sotto esame da parte della magistratura che ha concesso solo fino a Martedì 27 Agosto al Governo di giustificare il proprio comportamento.

E’ chiaro che le autorità britanniche stanno cercando di fare pressioni sul giornale londinese perché cessi la pubblicazione di notizie che stanno scoperchiando la maleodorante pentola del controllo a tappeto di telefonate, chat ed e.mail di tutti noi, come se qualcuno avesse autorizzato l’opera di questo vero e proprio “grande fratello”.

L’amministrazione di Barak Obama, a suo tempo portato alla Casa Bianca proprio dal popolo libero di Internet ed il Governo britannico di David Cameron, sostenitore del tradizionale liberalismo dei conservatori britannici, si trovano in forte imbarazzo per essere stati colti con le mani nel sacco e sembra che non sappiano come uscirne se non balbettando vaghe promesse di aumentare le garanzie per i cittadini che non c’entrano niente con il terrorismo, cioè la stragrande maggioranza di loro.

La storia non è affatto finita. Anzi. E’ possibile che “The Guardian” abbia ancora molte carte da tirare fuori. Ha deciso infatti, dopo l’atteggiamento aggressivo tenuto delle autorità britanniche, di creare una vera e propria alleanza con il “New York Times” cui sarà consentito l’accesso a tutta la documentazione fornita da Edward Snowden la quale tira in ballo anche il “grande orecchio” britannico, il famoso servizio di sorveglianza ed ascolto del GCHQ.
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I giornalisti negli Stati Uniti sono protetti dal primo emendamento della Costituzione che garantisce la libertà di parola ed impedisce allo Stato di bloccare preventivamente le pubblicazioni.

E’ chiaro, allora, che l’alleanza con il giornale americano consentirà al “The Guardian” di poter pubblicare quello che ritiene più opportuno, di qua o di là dell’Atlantico. Dell’accordo sarebbe stato informato anche Edward Snowden.

Una collaborazione del genere era stata già pensata nel 2010 quando scoppiò il caso di Wikileaks per la diffusione sul web di tutti i documenti riservati dell’amministrazione americana passati dal soldato Manning, appena condannato a 30 anni per questo, a Julien Assange, ancora oggi riparato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra.
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In quella occasione, però, i giornali furono molto più timidi. Finirono per non aderire al progetto per una serie di valutazione sull’opportunità di entrare così direttamente in rotta di collisione con il Governo Usa.

Adesso, però, dopo le rivelazioni di Snowden il quadro é cambiato completamente e non sono più in ballo solo i segreti della diplomazia internazionale, bensì la vera libertà di tutti noi. Così, i principali giornali di fama internazionale sembrano adesso aver superato ogni remora e si impegnano a condurre una vera battaglia di civiltà. Qualche giornale italiano avrà il coraggio di partecipare.

John Balcony