Giorni cruciali per la politica italiana dove sembra che ciascuno reciti a soggetto

Giorni cruciali per la politica italiana  dove sembra che ciascuno reciti a soggetto
Quasi tutti hanno fatto il contrario di quello dichiarato in precedenza. Siamo noi elettori che non dobbiamo più credere ai “finti duelli” elettorali. Uno scenario inedito, persino rispetto alla esperienza del Governo Monti.

Roma – Napolitano resta al Quirinale con una maggioranza così ampia che, in un altro momento, avrebbe fatto davvero ben sperare per il futuro del Paese. Fedeli alla linea di questo giornale, indicata con chiarezza nell’editoriale della Direzione, partiamo dai fatti per cercare di capire come nei giorni scorsi si è, invece, andato modificando il quadro politico e parlamentare del Paese, a pochissima distanza dalle elezioni politiche generali dello scorso Febbraio.

Non c’è dubbio, che poi seguiranno analisi e commenti perché il gioco, se necessario, si è persino più ingarbugliato e, ad oggi, non è possibile prevedere lo sbocco di una situazione del tutto nuova nell’esperienza politica italiana. In qualche modo, persino diversa da quella che portò alla nascita del Governo Monti.

Non avendo noi nessun padrone da ascoltare o posizione politica da sostenere, preferiamo non azzardarci a formulare alcuna previsione. napolitano1E’ certo, comunque, che, da oggi, le camere possono essere nuovamente sciolte senza alcun problema di ordine costituzionale.

Torniamo ai fatti e proviamo a metterli uno dietro l’altro.

Constatiamo subito che partiti scontratisi tra di loro con una ferocia senza pari e che, proprio sulla base di questo terribile scontro, hanno chiesto i voti agli lettori, si sono ritrovati tutti assieme a rinnovare la presenza di Giorgio Napolitano sul colle più alto di Roma e d’Italia, come se niente ci fosse stato tra di loro nei mesi scorsi.

E’ stato detto: é per il bene superiore del Paese! A noi cittadini tocca solo sperare che da questo sacrifico collettivo possa venire, in ogni caso, del bene per tutti gli italiani. Sono bastati due giorni e mezzo di votazioni e le distruttive armi imbracciate fino alle elezioni sono state riposte nelle rastrelliere!

Il primo dato di fatto: smettiamo di credere a tutto quello che ci raccontano i politici, persino coloro che giocano a fare gli “ antipolitici”. Soprattutto, accettiamo quel che ogni persona matura dovrebbe con serenità riconoscere, senza farsi eccitare troppo dai tanti capipopolo di passaggio. mmonti marioLa politica è l’arte del possibile e dovremmo subito sospettare non appena sentiamo pronunciare l’avverbio “ mai” sulla bocca di un politico. In particolare, nel corso delle campagne elettorali, dovremmo farci coinvolgere di meno nei “ finti duelli” e preoccuparci più di chiedere ai nostri beniamini proposte concrete e realistiche.

Partiamo all’attuale Presidente del Consiglio: Monti si è mostrato palesemente felice della rielezione di Napolitano. E questo solo poche ore dopo aver dichiarato che non sarebbe stata sua intenzione insistere perché il Capo dello Stato venisse meno alla fermissima decisione di non accettare un secondo mandato. Del resto, nei mesi scorsi quante volte abbiamo sentito auspicare che nessuno tirasse ” il Presidente per la giacca”!

berlusconi1Berlusconi ha fatto quello che non volle fare sette anni fa: si è impegnato in prima persona per Giorgio Napolitano, pur di evitare di veder salire al Colle i più scomodi Romano Prodi o Stefano Rodotà. C’è differenza tra un Pd ed un altro Pd!

Si tratta, però, di quello stesso Napolitano nei confronti del quale, più volte, politici e giornali vicini al leader del Pdl non hanno fatto mancare, nel corso dell’intero passato settennato, più o meno velate accuse persino da “ impeachment”, per dirla all’inglese. Di quello stesso Napolitano che, a lungo, è stato visto come fumo negli occhi dall’intero centro destra ed eletto da una sola parte, contro l’altra.

Berlusconi, in questa occasione, con sette anni di ritardo, invece, ha palesemente applaudito il risultato del voto grazie al quale, per la prima volta, un Presidente della Repubblica è rieletto alla suprema istituzione di garanzia italiana.

Si è trattato di un largo voto, quasi plebiscitario, che ha fatto rimanere al Colle uno degli ultimi esponenti in attività del Partito Comunista. napolitano rielezioneQuelli che conobbero persino lo stalinismo, approvato l’invasione sovietica dell’Ungheria ed altre di quelle cose tipiche di pericolosi sovversivi, più volte accusati dallo stesso Berlusconi di nefandezze tremende. Capaci persino di “ mangiare i bambini”, tanta la loro cattiveria e la loro intrinseca pericolosità, consolidata e riconosciuta oramai da tutti.

Berlusconi, invece, si è mostrato alle telecamere felice come non mai ed ha applaudito con un calore pari alla stizza con cui ha disertato, con tutti i suoi ed i leghisti di Maroni, un paio di votazioni a causa della candidatura Prodi il quale, sia ricordato per inciso, non è mai stato comunista.

Si è trattato di un vero e proprio “ mini” Aventino effettuato dal centro destra. Una protesta estrema mai organizzata da nessun grande partito nel corso delle elezioni presidenziali fin qui succedutesi. Una decisione estrema, forse, decisa per mettere maggiormente in crisi gli avversari ma, anche, per evitare che propri franchi tiratori potessero compensare quelli già previsti da tutti tra le fila della sinistra?

In nessuna elezione per la Presidenza della Repubblica, infatti, sono mai mancati i franchi tiratori, come bene potrebbero raccontare molti passati capi democristiani, a partire dagli ancora viventi Andreotti, Colombo e Forlani. grillo1Grillo, dopo aver dichiarato, da seicento chilometri di distanza, che i suoi avrebbero votato compatti solo per candidati usciti dalle cosiddette “ quirinarie” on line, ha smentito tutto ciò, nei fatti.

Si è stracciato le vesti nell’udire avanzare la candidatura del professor Romano Prodi e, zittendo anche l’iniziale possibilismo della Lombardi, capogruppo grillino alla Camera, si è schierato contro il professore bolognese con una durezza estrema. Manco l’ex Presidente del Consiglio non fosse stato indicato anche dagli stessi grillini, sia pure non al primo posto di in una rosa di otto potenziali, formidabili Capo dello Stato, capitanata dalla bravissima Gabanelli.

L’uscita irruenta di Grillo contro Prodi, in realtà, ha interrotto una serie di inattesi ammiccamenti ed inusuali discorsi pacati con i quali il leader genovese voleva cercare di convincere Bersani a votare per Rodotà in cambio di un possibile accordo sul futuro Governo. Si è trattato di un qualcosa di inedito, cui Grillo non ci aveva abituato finora. O, almeno, questo è quanto è apparso a chi scrive.

grillo camperPoi, Grillo, seccato per “ l’inciucio” realizzato alle sue spalle attorno al nome di Napolitano, ha minacciato l’arrivo immediato a Roma con il camper ed ha mobilitato la piazza. Solo una seria e vigorosa tirata di giacca da parte di Rodotà, il quale non a caso è un costituzionalista, è riuscita a farlo desistere da una decisione giudicata un po’ azzardata persino dai suoi più benevoli simpatizzanti.

Grillo, in realtà, si è ritrovato spiazzato dall’accordo raggiunto su Napolitano perché sa che il Presidente della Repubblica gode di una grande fiducia da parte degli italiani e che, in fondo, lui stesso era stato costretto ad apprezzarlo dopo averci avuto a che fare, subito all’indomani delle elezioni di Febbraio.

Tra i tanti fatti delle ultime ore, comunque, è certo che quello più eclatante sia venuto dal vero e proprio incommensurabile suicidio del PD. Un qualcosa di grandioso che potrebbe fare da sfondo ad opere d’arte dal fascino di un El Greco o del surrealismo del Dalì. In un colpo solo, il partito di Bersani, è riuscito a sbagliare tutto. Non ha portato al Quirinale i propri, incoerenti, candidati. Ha fatto fuori il proprio intero gruppo dirigente. marini1Si é ritrovato a subire, di nuovo, i voleri di decisioni non proprie. Decisioni prese lontano dalle aule istituzionali e a dispetto dell’ampio numero di parlamentari guadagnati dal primo partito italiano nella recente tornata elettorale.

Improvvisamente, dinanzi al Partito Democratico si è ripresentato lo spettro di dover, dopo aver supportato e sopportato il Governo Monti, partecipare a chissà quale poco amato governo, più o meno di larghe intese. Si tratta di un autentico capolavoro che una mente vigorosamente e perfidamente organizzata contro Bersani e soci non avrebbe saputo meglio predisporre. La realtà è che si sono visti venire al pettine antichi problemi e divisioni che il Pd cova da parecchio tempo al proprio interno e che non sono riconducibili solamente alle crescenti ambizioni di Matteo Renzi.

Scontri personali e di conventicola. Conflitti di potere mai sopiti. L’arrivo di una nuova generazione di politici, siamo generosi,  chiamiamoli così!, con alle spalle, in molti casi, solo la partecipazione alle Renzi1primarie del loro partito ed una scarsissima esperienza nei rapporti con sezioni e territorio. Più adusi a presenziare in guidate trasmissioni televisive che ad ascoltare i problemi della gente comune.

Gli scricchiolii della tenuta del Pd, in realtà, si erano avvertiti già nelle ultime due settimane di campagna elettorale. Allorquando, dopo aver fatto il filo a Monti, Bersani ha cominciato improvvisamente a corteggiare Beppe Grillo.
E così, anche la tensione interna con Matteo Renzi, ma non solo, si è elevata improvvisamente all’indomani di un risultato che non ha premiato sufficientemente la presenza democratica e dei montiani sugli scranni del Senato. Bersani, inoltre, ha seguito e lasciato cadere con troppa fretta due strade tra di loro alternative per il Quirinale.

Prima, tra lo stupore della sua ala sinistra, ha accettato il tentativo unitario su Marini. Poi, subitaneamente, virando di 180 gradi, ha messo al vento la bandiera Prodi contando su di un apporto grillino rivelatosi non confermato. Le conseguenze sono note. Napolitano al Quirinale di nuovo, Bersani e Rosi Bindi dimissionari. prodi1E’ caccia aperta ai cento traditori. Sarebbe più il caso di dire ad un pezzo intero di partito che ha preso proprio un’altra direzione: non si sa con quale consapevolmente per le conseguenze finali.

Adesso, tocca a tutti ripartire da questi fatti e non è facile intravedere un qualcosa di diverso dall’immediato ritorno alle urne.
A meno che gli attori di questo trama teatrale non cambino, di nuovo, copione.
Non ce ne sorprenderemmo affatto, viste le puntate precedenti!

Giancarlo Infante