“Fare”? O meglio bloccare il Wi Fi pubblico? Siamo al solito “passo indietro del gambero” che regge con le stampelle le “Grandi Intese”

“Fare”? O meglio bloccare il Wi Fi pubblico?  Siamo al solito “passo indietro del gambero”  che regge con le stampelle le “Grandi Intese”

Il “Decreto del Fare” si rivela sempre più spesso come l’incitamento al “non fare”. Questa volta è il caso del Wi Fi nei locali pubblici, ovvero quel collegamento a internet senza fili sinonimo di avanguardia, progresso e libertà. In Italia, invece, grazie ai nostri sempre più illuminati politici, sembra proprio che vada di moda il passo del gambero, che, come si sa, consiste in una bella corsetta all’indietro. Alla faccia del “Fare”!

Un emendamento approvato a Montecitorio dalla competente Commissione parlamentare, ma che parolone usato a sproposito, prevede nuove procedure per gli esercenti che offrono, appunto, servizi Wi-Fi. E pensare che tutto era stato già approvato dalla Commissione Trasporti, Poste e telecomunicazioni. “E’ la fine dei cambiamenti promessi”, è stato l’amaro commento di un importante esponente politico che preferisce per il momento l’anonimato per evitare che altra benzina alimenti tra “le Grandi Intese” un fuoco niente affatto sopito.

alfa21Una serie di obblighi al di là del bene e del male tecnicamente “impossibili” per chiunque offra Wi-Fi al pubblico. L’ormai consueto salto all’indietro di un Governo che si riempie la bocca di belle promesse, ma che, invece, in silenzio è ben fermo per i veti incrociati di una maggioranza improbabile e litigiosa che pur di star salda e dar così l’impressione che il nostro Paese sia forte di un esecutivo unito ed efficiente non ha altra risorsa che smentire di continuo se stessa. Basti pensare al “porcellum”, che “tutti non vogliono ma che nessuno lo cambia”, ovvero a una legge elettorale la cui modifica è a gran voce invocata da tutti, e che nessuno muove un sol passo per realizzarlo, facendo anzi di tutto per evitare persino che se ne parli.

Ma torniamo al dietro front sul Wi Fi, ora al centro di critiche di tantissimi esperti e addetti ai lavori per far si che l’emendamento venga ritirirato o sostanzialmente modificato prima dell’approvazione alla Camera. Altrimenti, addio alla tanto promessa liberalizzazione, con la creazione di un solco così profonddo tanto da renderci ridicoli agli occhi anche di quesi Paesi nemmeno troppo evoluti. alfa26Una volontà in linea con i manifesti desideri di Putin e dei suoi compari Kazaki desiderosi solo di mettere bavagli a chiunque? O semplicemente lo zampino dei diversi gestori telefonici uniti da un “segreto cartello” semplicemente per guadagnare di più?

La norma vuole obbligare il gestore, negozio, ristorante, hotel o bar che sia, a “tracciare” il collegamento dell’utente con misure tecniche complicate e molto onerose. Il rischio è che la retromarcia sul Wi-Fi intenda chiudere molti degli attuali punti di accesso pubblici, spesso gratuiti. Un disastro, insomma, laddove Palazzo Chigi aveva presentato l’originaria norma Wi-Fi del “Decreto del Fare” come la “liberalizzazione del Wi-Fi”, finalmente sottratto agli obblighi che ne avevano rallentato la diffusione in Italia. Un’iniziativa di grande progresso! A questo punto non c’è che da commiserare il povero Enrico Letta costretto ai salti mortali, spettacolo di punta del rinnovato triste circo dei nani e delle ballerine.

Ma già anche la prima norma conteneva parecchi problemi e poteva anche non essere interpretata come un passo avanti rispetto alla situazione precedente. Ora con l’ememndamendo è stato fatto “Bingo”. E’ il pensiero del Garante della Privacy, alfa6che in una nota molto critica contro il decreto, precisa come “vengano reintrodotti obblighi di monitoraggio e registrazione dei dati”, gli stessi stabiliti dal decreto Pisanu e poi decaduti quando ci si è reso conto dei danni che stavano provocando alla diffusione del Wi-Fi pubblico in Italia. E c’è pure un profilo di illegittimità, perché questi dati a differenza di quanto sostenuto nella norma, sono – ai sensi della Direttiva europea sulla riservatezza e del Codice privacy – dati personali, in quanto molto spesso riconducibili all’utente che si è collegato a Internet”.

Ora il Garante “auspica lo stralcio della norma e l’approfondimento di questi aspetti nell’ambito di un provvedimento che non abbia carattere d’urgenza”. Il punto focale, che crea i veri problemi, è però questo: “Resta fermo l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità del collegamento attraverso l’assegnazione temporanea di un indirizzo IP e il mantenimento di un registro informatico dell’associazione temporanea di tale indirizzo IP al MAC address del terminale utilizzato per l’accesso alla rete internet”. Una cosa complicatissima, con l’installazione di apparecchiature complesse, costose e di difficile gestione.

La patata bollente è finita nell’Aula di Montecitorio. La polemica è forte, e probabilmente tutto finirà in un maxi emendamento prima della conversione il legge del “Decreto del Fare”. “Decreto del Fare”, ma è davvero la paola giusta?

Enrico Massidda