Esplode scandalo falsi “mi piace”. Pratica diffusa soprattutto su Facebook che confonde il mercato

Esplode scandalo falsi “mi piace”. Pratica diffusa soprattutto su Facebook che confonde il mercato

Quanto sono veri i “mi piace” su Facebook? E le conseguenze anche sul mercato di alcuni prodotti pubblicizzati sul web attraverso i “social network”, soprattutto su Facebook? Sara’ la domanda degli spettatori del programma televisivo britannico “Channel 4 Dispatches” che metterà in onda un’inchiesta sulla scelta di molti prodotti, anche di largo consumo, fatta sulla base dei “mi piace” indicati sullo schermo.

In certi casi quei “mi piace” sono falsi. Una buona parte sono prodotti da vere e proprie strutture informatiche specializzate, chiamate “ click factories”, fabbriche del click. Per quindici dollari Usa ti fanno ritrovare con 1000 “mi piace” in più.

1book1La sede di questa fabbrica di consensi telematici é stata scoperta dal programma tv britannico a Dhaka, capitale del Banghaladesh. I tecnici informatici lavorano al computer su tre turni giornalieri, di otto ore, e guadagnano da 120 dollari Usa in su. E’, quindi, considerato un lavoro abbastanza a buon mercato.

Questa rivelazione, su un fatto abbastanza risaputo negli ambienti degli operatori Internet, mette a serio rischio il tentativo di Facebook di convincere le imprese ad utilizzare le proprie pagine, in quanto più diffuso “social network” del mondo, per le loro campagne pubblicitarie.

finti click giornalisti britannici, per dimostrare la veridicità della loro inchiesta, hanno creato una pagina fasulla sulle zucchine. Tutta basata attorno al calibro ed alle dimensione dell’ortaggio. Vogliono dimostrare la distorsione che questa falsificazione del gradimento di una pagina “Face book” può far correre al mercato di taluni prodotti di largo consumo.

E’ venuto fuori, infatti, che il 31 per cento dei consumatori controlla abitualmente valutazioni e recensioni su questo benedetto calibro della zucchina prima di fare la propria scelta ed ordinarne on line l’acquisto.

1book3La falsificazione del gradimento e del numero dei contatti, però, non riguarda solo “Face book”. La società informatica di Dacca citata nel servizio è la Shareyt.com, la quale sostiene di aver agito solo come intermediario per conto delle aziende che cercano di aumentare il loro profilo anche su Twitter, Google +1, LinkedIn e YouTube.

Sharaf al-Nomani, proprietario di Shareyt, ha detto a Dispatches, nel corso di un’intervista registrata a sua insaputa, che circa il 30 per cento, 40 per cento dei click fittizzi vengono dal Bangladesh dove sarebbero al lavoro in questo settore 25.000 persone nella sola Dhaka.

Lui sostiene di operare con i falsi “mi piace” a favore di 83.000 utenti registrati. Ogni mille di questi “click” fasulli costano a lui un dollaro Usa. Ne ricarica 14 alle aziende. Questi dollari sono veri.

Beatrice Zamponi