Ennesimo rinvio per la decisione sui migranti. Europa divisa. Italia isolata

Ennesimo rinvio per la decisione sui migranti. Europa divisa. Italia isolata

Se ne riparlerà a settembre dopo le vacanze. Il vecchio metodo del rinvio sta prevalendo anche per la controversa questione dei migranti. L’Unione europea non è nelle condizioni di prendere una decisione secondo quanto deciso, o almeno che sembrava deciso, nel corso del vertice straordinario dei Capi di stato e di governo che in tutta fretta si riunì, per la prima volta su questa materia, all’indomani dell’affondamento di un barcone che trasportava quasi 1.000 persone.

Morirono in 900 nel Canale di Sicilia, in fondo al quale ancora si trovano. La loro sorte creò un’ondata di emozione in tutta l’Europa. L’Unione europea, fortemente sollecitata dall’Italia, sembrò ridestarsi dal torpore in materia di migranti e decise tre cose: finanziare più adeguatamente l’operazione Triton sulle acque del Mediterraneo; suddividere in quote tra i vari paesi i profughi cui verrebbe riconosciuto il diritto d’asilo; avviare le operazioni necessarie, anche di natura militare, per contrastare e distruggere la rete dei trafficanti di esseri umani e di scafisti su cui si basa la logistica di questa moderna migrazione intercontinentale.

Dei tre punti concordati si è ottemperato solamente al primo. Triton ha visto triplicare i fondi, raggiungendo lo stesso budget della vecchia operazione Mare Nostrum, ed aumentare il numero delle navi messe a disposizione in servizio permanente effettivo dalle marine di altri paesi europei per aiutare quelle italiane a soccorrere le imbarcazioni in difficoltà e a scaricarne gli imbarcati nei porti delle coste siciliane, calabresi e pugliesi.

Stallo totale, invece, sulla questione quote. I 28 sono fortemente divisi e la pressoché totale maggioranza di loro non ci pensa neppure ad accogliere il numero di migranti secondo le indicazioni prospettate dalla Commissione europea. L’Italia resta sostanzialmente sola ed isolata e non sembra in grado di smuovere la situazione, soprattutto dopo che la Francia di Hollande si è schierata con il fronte dei paesi contrari all’imposizione del sistema delle quote.

Situazione ancora più complicata per quanto riguarda l’intervento militare anti scafisti che dovrebbe prendere di mira soprattutto i barconi utilizzati nei porti libici, i depositi di carburante utilizzati dai trafficanti e quei centri di accoglienza surrettizi, spesso veri e propri lager, in cui i migranti sono tenuti segregati in attesa dell’imbarco per il balzo sul mare verso l’Italia.

Dopo le prime ore, quelle dell’emozione collettiva per l’affogamento di 900 persone, quando sembrava che già fossero pronte le forze speciali, in prima fila con noi italiani britannici e francesi, si sono accese le prime luci rosse: quelle di Obama, dei paesi arabi, ma soprattutto quelle della Libia, dove si vive una situazione di confusione del tutto particolare a causa di un conflitto in atto e l’esistenza di una miriade di governi e governicchi l’un contro l’altro armato.

Purtroppo, l’unico riconosciuto alle Nazioni Unite, quello di Tobruk, si è subito detto contrario all’ipotesi di un intervento occidentale, anche se condotto sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Federica Mogherini, l’Alta rappresentante per la politica estera della Commissione europea, non è riuscita ancora a smuovere il Consiglio di sicurezza dell’Onu nonostante sia chiara la presenza dell’Isis in Libia ed aumentano i sospetti su di un suo possibile coinvolgimento con la rete dei trafficanti.

Tutto si è bloccato con una curiosa coincidenza con le difficoltà dell’accordo sulle quote. A conferma che le due questioni sono legate. Nel senso che molti paesi, vittime anche della loro stessa retorica, pensano di potersi esporre nei confronti di un’opinione pubblica contraria all’ospitalità degli immigrati solamente se, assieme, si dà l’impressione di risolvere alla radice un problema che spaventa, con un bell’intervento militare.

Cosa che non è e non può essere perché ben altri sono i problemi alla scatenanti di un fenomeno mondiale frutto degli oggettivi squilibri propri della realtà economica, sociale e culturale di questo nostro mondo.