E’ ora in Paradiso don Gallo. Prete scomodo “Ribelle per amore” che stava con gli ultimi.

E’ ora in Paradiso don Gallo. Prete scomodo  “Ribelle per amore” che stava con gli ultimi.

Don Andrea Gallo se ne è andato a 84 anni. Ricoverato all’ospedale di Genova per tre giorni è tornato a casa sua, la Comunità di San Benedetto al Porto, solo per morirvi. Molte lacrime saranno sparse per lui. Soprattutto dai più poveri e dai più bisognosi che lui amava così tanto. A loro ha donato tutta intera la sua vita.

E’ morto un prete scomodo. Combattivo e da combattimento. Ai tempi della lotta nazifascista si sarebbe definito “ribelle per amore”, dal titolo della preghiera degli antifascisti cattolici, come scrisse Teresio Olivelli, con Carlo Bianchi, prima di trovare la morte nel campo di Fossoli dove l’avevano infilato le SS.

Don Gallo è sempre stato un “ribelle per amore”. Scomodo per i suoi superiori. Ma con quella scomodità che può aver turbato solo chi il lungo percorso del messaggio e dell’esperienza cristiana, rischia di trasformarlo solamente in quieto vivere e in perbenismo.

Don Gallo lo sapeva di portare scompiglio. Lo faceva perché il suo impegno era determinato, estremo, fuori dal coro. Apparentemente, sembrava giungere al limite della cristiana animosità. Ma solo per smuovere le coscienze e provare a far trovare ai suoi interlocutori una coerenza tra l’amore per Dio, il Dio che lui aveva in mente, Amore puro e totale, ed i doveri civili e sociali che il cristiano assume al momento della sua scelta di vita.

Prete di periferia. Ma prete anche di comunicazione, perché moderno e aperto al mondo, con l’immancabile sigaro tra le labbra. dongallo3Soprattutto prete degli ultimi e per gli ultimi. I più indifesi, i più emarginati, i più soli. Lui andava in televisione e parlava così come gli veniva, senza paura e infingimenti, senza inutili salamelecchi nei confronti dei suoi interlocutori, per quanto importanti, potenti e titolati essi fossero. Finiva sempre a parlare dell’Amore di e per Dio. Un Dio visto, trovato e raccolto negli occhi dei più disperati.

Non deve essere stato facile fare il prete a suo modo nella opulenta Genova. Non deve essere stato facile per Genova e i suoi cardinali accettare questo prete che, già solo a vederlo, capivi da che parte stava. Eppure, sentivi subito quale fosse il rapporto con la sua città di cui trasudava tutti i tratti più simpatici, colti ma anche battaglieri. Non a caso non ha mai voluto lasciarla. Neppure quando nel 1970 fu costretto ad abbandonare la Chiesa del Carmine nel centro storico. I fedeli più pii non riuscivano a considerare le sue come prediche, ma comizi.

Fu accusato da una parte di loro, persino, di essere più comunista che cristiano. Ovviamente, non era vero per niente. Anche perché lui credeva nella libertà, nella responsabilità, nella scelta che ogni essere umano é in grado di fare tra il bene ed il male, tra l’impegno per gli altri e l’egoismo interessato solo a se stesso.

Da quello che ho capito dalle sue apparizioni in televisioni, perché mai mi è stato possibile conoscerlo di persona, lui non credeva in Carlo Marx ma in Gesù Cristo e nella su Chiesa.
Una Chiesa povera, però. Senza ricchezze ed orpelli. Credeva nel Concilio Vaticano II il quale, con Giovanni XXIII aveva OLYMPUS DIGITAL CAMERAaperto la Chiesa al mondo. Non c’era niente di comunismo in tutto questo.

Don Andrea ha avuto la ventura di vivere nella Genova tutta intera infilata, da capo a piedi, nella storia del capitalismo, nella Genova parte importante della storia del capitalismo. Con i suoi grandi traffici mondiali della prima vera “globalizzazione”. Quando la Terra cominciava appena ad allargarsi. E, poi, con i suoi banchieri ricchi e discreti sparsi in tutto il mondo. Con i suoi imprenditori rampanti a cavallo tra il mare Mediterraneo, Nord Italia e Nord Europa.

Non era facile essere capito e accettato accanto agli ultimi là dove stridevano tutte le contraddizioni che il capitalismo si è portato ed ancora si porta dietro, come del resto capita a tutte le visioni e le proposte umane della vita, privata e collettiva.

Don Andrea Gallo, tu lo sentivi, respirava le grandi visioni a pieni polmoni e, quindi, continuava a fare il “ri belle per amore” perché sapeva che a Dio si giunge lasciando da parte le prospettive anguste e preconfezionate della vita.

E’ morto nei primi giorni del pontificato di Francesco che, sicuramente in maniera diversa ma non per questo meno forte e sentita di quanto non abbia fatto don Andrea, invita la Chiesa ad andare verso la periferia. A cercare gli ultimi, i soli, i derelitti e gli indifesi

Prima di morire, don Andrea, sentendo il nuovo Vescovo di Roma, deve essere stato contento di veder trionfare, a così alto livello, la sua stessa ribellione per amore. Al punto che ha pubblicato il suo ultimo libro dal titolo emblematico: “In cammino con Francesco”.
Con garbo, ha smentito tutti i suoi detrattori.

Beatrice Zamponi