Cosa c’è dietro il voltafaccia francese sulla questione migranti di cui non parla quasi più nessuno?

Cosa c’è dietro il voltafaccia francese sulla questione migranti di cui non parla quasi più nessuno?

Certo è che in pochi vorrebbero oggi essere nei panni di Renzi, Gentiloni e la Mogherini costretti a ritessere la trama della tela complessa e contorta su cui si voleva disegnare il progetto del contrasto ai trafficanti di esseri umani sulle acque del Mediterraneo. E questo forse spiega anche perché il problema migranti è momentaneamente scomparso dalle prime pagine dei giornali e dai telegiornali per lasciare lo spazio a notizie e polemiche roboanti sull’ennesima riforma scolastica o un pò di flessibilità da reintrodurre in materia pensionistica.

Il voltafaccia della Francia ha fatto tornare l’Italia alla casella di partenza del complesso “gioco dell’oca” in versione internazionale in cui siamo inseriti e il cui tabellone è composto dalle coste di quello che sembra essere sempre meno “mare nostrum”, il Mediterraneo, e le confinanti aree del Medioriente palestinese e mesopotamico e l’Africa sub sahariana.

La diplomazia italiana, forse però è meglio dire la politica italiana, era partita tanto baldanzosamente al grido “l’Europa deve impegnarsi” perché l’Italia non poteva essere lasciata sola ad occuparsi del dramma dei migranti sulla base di un accordo “folle” firmato a Dublino. Sottoscritto anche da qualcuno dei nostri, per cui il paese dove arriva un migrante è tenuto ad occuparsene senza dare poi tanto fastidio agli altri europei.

L’italiano o gli italiani che l’hanno firmato, come spesso accade in sede europea ed internazionale, hanno mostrato proprio miopia e zero senso di realismo e di conoscenza dei problemi. Riusciremo mai a sapere a chi appartiene quella preziosa firma?

In ogni caso, nei giorni drammatici e commossi dell’affondamento di un barcone, da solo capace di ghermire e trascinare in fondo al Mediterraneo circa 900 disperati, l’Italia trovò il conforto della Francia e, così, premette ancora di più per ottenere un vertice straordinario dei Capi di stato e di governo di cui oggi vediamo impudicamente rimangiare spirito e decisioni finali.

Il voltafaccia francese è sentito ancora più crudamente perché maturato proprio nelle ore cruciali dell’incontro dei ministri degli Esteri e della Difesa dell’Unione Europea, quando questo non poteva più neppure essere rimandato o ricalibrato per rendere lo smacco per gli italiani meno cocente.

La signora Angela Merkel, da autentica ed unica leader europea, ha lasciato fare. Non girerà il coltello nella piaga, ma difficilmente sfiderà ancora di più la sua già urticante opinione pubblica interna per fare un favore a noi.

Del resto, una Francia socialista sorda al problema dei migranti conferma nella destra tedesca e in quella dell’Europa centro settentrionale l’idea di aver sempre avuto ragione nel non farsi incantare dalle ragioni umanitarie per derogare alle dure norme sull’immigrazione.

Ci sono, a questo punto, tante cose che sicuramente si staranno chiedendo, in Italia, Renzi e Gentiloni e, a Bruxelles, l’Alta rappresentante per la politica estera dell’Unione, Federica Mogherini. O speriamo, almeno, che se lo chiedano.

Intanto se, come in molti dissero a troppa bassa voce, sia stata proprio una felice idea lasciare ai francesi la poltrona europea dell’economia e prendere noi, invece, quella onerosa senza ritorni, e ancora troppo inutile, della rappresentanza degli esteri di un’Unione di 28 paesi dalle molte, troppe singole politiche estere da perseguire, purtroppo non sempre coincidenti e coesistenti tra di loro.

Matteo Renzi, inoltre, starà tornando con la memoria alla metà dello scorso febbraio quando si schierò contro i progetti libici del cosiddetto asse egiziano- francese. Tutti focalizzati su un impellente intervento militare da portare in Libia nelle parti in cui predominano le milizie estremiste islamiste.

Gli aerei del Cairo, in effetti, bombardarono alcune postazioni in Tripoli di estremisti islamisti cui forse appartenevano gli autori della barbara uccisione di una ventina di egiziani di religione copta decapitati con le stesse modalità seguite dai confratelli dell’Isis di Iraq e Siria.

Un atteggiamento interventista che trova l’Italia molto più vicino alla posizione di Barack Obama impegnato, ad ogni piè sospinto, a sostenere la necessità che in Libia e in Siria si debba favorire il dialogo piuttosto che far parlare le armi, proprio per evitare che la radicalizzazione dello scontro porti all’ampliamento degli spazi di manovra per i terroristi del Califfato.

In Libia, inoltre, permangono importanti interessi italiani legati soprattutto alla presenza dell’Eni e ad una parte considerevole del nostro approvvigionamento petrolifero.

Così, la domanda da porsi è quanto il voltafaccia francese sulla questione migranti possa essere legato alle strategie ancora in essere nel rapporto con gli egiziani, ed altri paesi arabi, sulla Libia.

Il quesito sarebbe ancora più legittimo se venisse confermata un’indiscrezione fatta circolare da ambienti notoriamente vicini ai servizi segreti israeliani secondo la quale si sarebbe svolta recentemente, alla immediata vigilia delle ore cruciali in cui l’Europa si divideva clamorosamente sui migranti del Mediterraneo, una riunione segretissima al Cairo con la partecipazione di rappresentanti francesi e dei paesi del Golfo, Qatar ed Oman esclusi, nel corso della quale si sarebbe ricominciato a rimettere in piedi l’ipotesi di organizzare un vero e proprio intervento militare in Libia.

Obiettivo ufficiale eliminare il filone libico dell’Isis. Obiettivo vero: mettere le mani sui giacimenti petroliferi libici?

Al di là delle domande maliziose, ci si troverebbe in ogni caso di fronte ad un progetto che cozzerebbe completamente con l’obiettivo di organizzare una forza europea finalizzata al solo contrasto dei trafficanti degli esseri umani, così come previsto dalle recenti minimali decisioni degli europei. Si tratta di un qualcosa che forse sarebbe il caso di chiarire al più presto.

Da notare che la stessa fonte israeliana ha parlato dell’intenzione dei convenuti del Cairo di coinvolgere in qualche modo nell’intervento in Libia anche una meglio non precisata flotta italiana a ridosso delle coste tripoline. Non si tratta per caso della stessa in via di organizzazione nel neonato quartiere generale di Roma, affidata al nostro ammiraglio Enrico Credendino, da dove l’Europa dovrebbe provare dal prossimo mese di giugno a fare un timido tentativo di intervento umanitario per lenire il dramma dei migranti? Se il tutto non va diversamente, ovviamente, nel frattempo.

Un’ultima notazione, infine che forse molti analisti potrebbero trovare peregrina. Da tempo è in atto nelle aree mediterranee e limitrofe una vera corsa agli armamenti. Come abbiamo già ricordato recentemente ( CLICCA QUA ), nel solo anno scorso tra Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar e Kuwait sono stati spesi oltre 120 miliardi di dollari.

Un business in gran parte in mano agli statunitensi. Un business in cui la Francia cerca sempre di ritagliarsi uno spazio, come conferma la presenza di alcune flotte aeree militari della regione ancora dotate dei Mirage. Possibile che Parigi rinunci a tutto ciò per i migranti del Mediterraneo se la linea che vogliono seguire i paesi arabi e l’Egitto è diversa?

Su questi temi l’Italia c’é? E la Federica Mogherini con il suo staff dell’Alta rappresentanza della politica estera europea? Perché altrimenti nessun dottore c’ha prescritto di impiccarci ad una responsabilità senza costrutto. L’Europa forse potrebbe avere bisogno anche di gesti forti e genuini da parte di europeisti veramente convinti ed intenzionati a far superare a tutti particolarismi ed uscire una buona volta da una stagione fatta solo di retorica.

Giancarlo Infante