Il bene come l’aria: invisibile e indispensabile

Il bene come l’aria: invisibile e indispensabile

“Si può dire che la realtà sia tutta e solo quella che risulta dalla cronaca deprimente, e talvolta agghiacciante, di un giornale?” Domanda drammatica e inquietante. Nuova? No.

La poneva al Paese, dalle pagine de “Il Giorno”, Aldo Moro, quarant’anni fa. “Il bene non fa notizia”, notava lo statista. Con tristezza, certo, ma senza la benché minima traccia di rassegnazione. Al contrario: Moro invitava a riflettere sul fatto che le ombre possono esistere soltanto là dove esiste la luce. Se non riusciamo a vedere la luce – sottintendeva – è solo perché teniamo gli occhi chiusi oppure ci ostiniamo a guardare nella direzione sbagliata. E anche se ciò “che favorisce l’armonia è molto meno suscettibile di essere notato e rilevato” nella realtà, esistono “il bene più del male, l’armonia più della discordia, la norma più dell’eccezione”. Cosa glielo faceva credere?

L’immensa trama di amore che unisce il mondo”. Sbagliava? Si illudeva? Forse. Riflettiamo. A cosa si riferiva? Alle nostre famiglie – nonni, madri, padri, mogli, mariti, figli: vi sembra davvero che difettino di amore? Pensava agli slanci generosi dei giovani: non dite che non ne conoscete di straordinari anche voi. All’“operosa solidarietà” nei confronti degli emarginati (pensiamo solo a quella meravigliosa galassia che si chiama volontariato).

Gianni Fontana

Gianni Fontana

Pensava al ruolo delle comunità sociali, al “commovente attaccamento” degli operai al loro lavoro, alle “esperienze religiose autentiche”. Siete ancora convinti che il bene non esista? Aveva ragione Moro: basterebbe guardare “là dove troppo spesso non si guarda e interessarsi di quello che troppo spesso non interessa” per rendersi conto che “la vita si svolge in quanto il male risulta […] marginale e lascia intatta la straordinaria ricchezza dei valori di accettazione, tolleranza, senso del dovere, dedizione, simpatia, solidarietà, consenso che reggono il mondo, bilanciando vittoriosamente le spinte distruttive”.

La domanda, allora, è: perché, se il male è marginale, abbiamo finito col convincerci che il bene non esista? Perché crediamo che il male non risparmi niente e nessuno, inquini tutto e domini il mondo? E perché lasciamo che questa convinzione – completamente priva di qualsiasi fondamento – spenga entusiasmo, fede, energie e ci porti a disperare?

«La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto – dice lo spietato Kaiser Soze ne “I soliti sospetti” – è stato convincere il mondo che lui non esiste.» Secondo me sbaglia. C’è una beffa molto più grande: convincere il mondo che il bene non esiste. Il bene esiste. Eccome. “Più consistente che non appaia” e, soprattutto, “più consistente del male che lo contraddice”, come scriveva Moro. Invisibile? Forse. Ma questo cosa vuol dire? Nulla.

L’essenziale è invisibile agli occhi”, come ci ricorda Saint Exupéry. L’anima, ad esempio. Invisibile. Ma, se non ci fosse, nulla esisterebbe. E invisibile è anche l’aria. Ma senza di lei non potremmo vivere. È il bene l’aria che rende viva la vita. E sta a noi soffiarla nei polmoni del mondo, per trasfondere umanità in questa umanità umiliata, offesa, ferita e disorientata. Perché il male può nulla senza di noi. E il bene può renderci capaci di qualunque miracolo.

Gianni Fontana