Arte e delitto: Giallo in Trastevere

Arte e delitto:  Giallo in Trastevere

Sono innumerevoli i libri scritti sulla storia dell’arte e quello della docente e storico dell’arte Letizia Triches, non è da annoverare tra questi. Il suo, “Giallo in Trastevere”, è un romanzo, un giallo per l’esattezza, in cui l’arte fa da contorno a Roma. Il mistero da svelare è sì un delitto, ma allo stesso tempo il racconto assume in qualche modo anche contorni di natura ‘estetica’.

L’autrice porta il romanzo al di fuori delle sue linee più canoniche per inventare una nuova formula, già testata nel precedente Verde napoletano (2008): una città d’arte, l’ambiente dei pittori, dei galleristi, dei critici d’arte, e un colore di fondo a rappresentare il colore del delitto. A continuazione, dichiara l’autrice, due nuove storie in due nuove tinte, verranno raccontate a Firenze e Venezia.

Un romanzo suggestivo, per le vivide descrizioni di un quartiere della capitale dove si respira un’aria eccentrica e artistica, la collina di Monteverde, dove artisti e benestanti fanno la bella vita a cavallo fra gli anni Sessanta, quando il racconto ha inizio, e gli anni Ottanta, quelli dell’epilogo.

Come si intreccia la sua professione e passione per l’arte con la scrittura?

Come docente e storico educavo all’arte, poi è successo che sono stata educata alla scrittura proprio dall’arte…Per me, infatti, il punto di coincidenza tra arte e scrittura sta nel procedimento visivo che entrambe realizzano. Uno dei principi fondamentali della narrazione è che lo scrittore scopre quello che vuole dire mediante un processo in cui vede ciò che ha già detto in una continua messa a fuoco della storia. Gli investigatori, protagonisti dei miei romanzi, osservano, descrivono, trovano. Per sciogliere l’enigma del delitto e giungere alla verità essi sono costretti a indagare: parola chiave che è anche il comune denominatore con l’attività di qualsiasi serio storico dell’arte.LAURIOLA triches2cover[2]

Perché la scelta del colore giallo per Roma?

Perché il giallo è il colore della luce. Chi giunge a Roma per la prima volta viene colpito dalla tonalità dorata della luce di questa città. Una luce “impossibile” per tanti pittori di paesaggio che, soprattutto nell’Ottocento, si sono consumati nell’intento di riprodurla sulle loro tele. Inoltre, l’idea che Roma sia una grande madre generosa, pronta ad accogliere ogni visitatore, si collega direttamente con il primo tempio romano, edificato secondo la leggenda dallo stesso Romolo e dedicato appunto alla Mater Matuta, cioè alla Grande Madre. E il poeta latino Lucrezio scriveva: “…Matuta soffonde e spande la luce sulle rive dell’etere.”

Si imparerà qualcosa di nuovo sulla storia dell’arte di Roma da questo libro?

Non è un libro sull’arte, ma è intriso d’arte. E’ un atto d’amore da parte mia che sono vissuta e vivo ai confini del mondo in cui agiscono gli artisti. Nasce da un bisogno di restituire qualcosa alla mia scelta di vita, raccontando storie che possano raggiungere direttamente chi legge.

Qual è il criterio di scelta e di abbinamento dei colori alle varie città?

Parlare dei colori è parlare del mondo che ci circonda. I colori sono un potente fenomeno culturale capace di spiegare i nostri comportamenti, le nostre scelte, i nostri desideri. Ognuna delle città in cui sono ambientate le mie storie ha evocato in me associazioni e stati d’animo. Da qui la scelta di abbinare loro un colore preciso: verde per Napoli, giallo per Roma, rosso per Firenze e blu per Venezia. Ma i colori non si limitano a rendere una particolare atmosfera, hanno anche il compito di trasformarsi in indizi per aiutare il lettore a identificare il colpevole.

Nei suoi libri si condisce l’arte al delitto. Si può parlare oggi di delitto dell’arte?

La mia passione-ossessione è fare emergere la trama spesso sottesa alla creazione di un’opera. Per questo nei miei romanzi ci sono chiari riferimenti all’arte degli Anni Ottanta, nei quali si ambientano le vicende narrate. Il mondo dell’arte contemporanea, secondo me, è un mondo pieno di ombre. C’è molta confusione perché i ruoli non sono più definiti. A volte, non si capisce qual è l’obiettivo di certi critici, galleristi, ma anche di alcuni artisti. Manca il coraggio di dire come stanno le cose e si asseconda il compromesso. Sì, in questo senso, si potrebbe affermare che è stato commesso un “delitto dell’arte”

Giusy Lauriola