Animali e padroni a Messa nella chiesa di S. Eusebio di Roma. S. Antonio Abate celebrato all’Esquilino.

Animali e padroni a Messa nella chiesa di S. Eusebio di Roma. S. Antonio Abate celebrato all’Esquilino.

Nella chiesa di Sant’Eusebio si è celebrata oggi a Roma la benedizione degli animali. Pappagallini, bassotti, gatti e perfino furetti si sono ritrovati nella gremita chiesa del rione Esquilino per festeggiare S. Antonio Abate, il loro protettore. La prima domenica dopo il 17 gennaio, giorno della festa e della morte del santo nel 356 dc, tra le navate della piccola chiesa i latrati dei cani si sono uniti ai canti dei loro padroni in una celebrazione davvero speciale. “Nel quartiere è una ricorrenza molto antica –mi dice Don Sandro, parroco di S. Eusebio-  risale al 1437. Il rito venne trasferito a S. Eusebio nel 1917 quando S. Antonio Abate fu assegnata alla Chiesa ortodossa russa. foto 1La festa ha origini remote in tutt’Italia in particolare nel medioevo, quando appunto gli animali venivano trattati come bestie e la Chiesa cercava d’insegnare il rispetto di queste creature che fanno parte del dono di Dio per l’uomo. Personalmente, quando sono arrivato qui quattro anni fa, ho accolto di buon grado questa tradizione che concilia l’aspetto religioso con quello della vita quotidiana delle persone. Gli animali ci fanno compagnia, soprattutto agli anziani e questo è molto importante nella società contemporanea dove spesso si soffre la solitudine e l’abbandono. La messa celebrata per l’occasione dal Vescovo Monsignore Matteo Zuppi è stata una bella occasione per ricordarci proprio che gli animali sono parte del creato e che non vanno dimenticati o emarginati così come non devono esserlo gli uomini più deboli”.

Mi racconta padre Adriano, parroco della vicina S. Martino ai Monti, che l’origine dell’associazione tra S. Antonio Abate e gli animali è legata a numerose leggende e che probabilmente il santo egiziano aveva con sé qualche animale nei lunghissimi anni del suo eremitaggio nel deserto. foto 2In particolare vengo a sapere leggendo una sua storia affissa nel sagrato della chiesa, che dopo la morte a 106 anni le reliquie di S. Antonio Abate cominciarono a viaggiare in ogni parte del mondo: da Alessandria a Costantinopoli fino a Motte Saint Didier in Francia dove nel XI secolo affluivano folle d’infermi, molti malati di ergotismo canceroso (detto poi fuoco di S. Antonio, dovuto ad un fungo presente nella segale usata per l’impasto del pane). Con gli anni in questa cittadina, poi chiamata Saint Antoine, sorse un ospedale insieme alla confraternita religiosa degli Antoniani che nel paese allevavano maiali. Il grasso di questi animali infatti serviva per curare il brutto male.

Da qui una delle possibili spiegazioni del perché il santo venga raffigurato con accanto un maiale. “Oltre alla benedizione tradizionale –va avanti Don Sandro- abbiamo fatto sì che tutta la giornata fosse un momento di aggregazione. Quest’anno insieme alla Banda Municipale dei Vigili Urbani che da tempo accompagna la festa, si è unita anche la Banda di Strada di Testaccio. All’uscita della Messa l’intera piazza Vittorio è stata invasa dalla musica e il santo è stato portato in processione. Ci sono state anche delle altre iniziative di quartiere come un mercatino intorno al giardino della piazza ed un concorso per animali”.  Tra sacro e profano la città eterna non smette mai di sorprenderci.

   Beatrice Zamponi