Ugo Grippo: dobbiamo recuperare un’impronta democratica affinché la politica riporti la speranza

Ugo Grippo: dobbiamo recuperare un’impronta democratica affinché la politica riporti la speranza

Ugo Grippo con il suo “ Riforme, Riforme, Riforme. Sulle ceneri di una democrazia” esamina con una fredda analisi il cammino della Repubblica italiana lasciandoci ad una riflessione piena di sfaccettature: “La politica deve tornare ad essere il luogo della speranza”.

Ugo Grippo, ex dirigente di partito napoletano, ex parlamentare ed ex uomo di governo, non guarda al cammino della democrazia italiana come se si trattasse di un malinconico capitolo chiuso.

Anzi, tutt’altro. Riprendendo gli elementi salienti di una esperienza politica, che ha coinciso con i decenni in cui l’Italia, dalla distruzione del secondo dopoguerra è divenuta la quinta potenza economica mondiale, guarda ai fatti con il realismo di chi è consapevole che c’è da fare, oltre che da recriminare.

La sua è un’analisi fredda e spietata su tutto il terreno perso e sui rischi che ancora oggi corriamo di arretrare, invece che di recuperare ed essere capaci di tornare a crescere e a prosperare.

Lo incontriamo dopo che a Napoli ha presentato il suo libro, edito da DPL, nel corso di un incontro ricco di presenze e di spunti di riflessione, cui hanno partecipato politici meridionali di diverse formazione ed estrazione, come Antonio Bassolino, Luigi Compagna, Fulvio Bonavitacola, Guido De Martino, Nanni Morra. Si è trattato di un vero  e proprio evento per la città di Napoli e la politica campana. Un’occasione per una riflessione su dove stanno andando l’Italia e il Mezzogiorno.

Onorevole Grippo, il suo giudizio sulla stagione delle “riforme” di cui tanto si parla è duro. Eppure Renzi la presenta come un grande successo storico e politico.

“Il mio giudizio è estremamente critico perché, in realtà, il Governo presenta una serie di atti di modifica costituzionale sulla sola base di voti di fiducia. Cosa gravissima già di per sé sotto il profilo del metodo. Negli altri paesi,  con consolidata base democratica, le modifiche costituzionali sono affrontate con ben altro spirito perché la Costituzione è sacra ed inviolabile. Noi procediamo con troppa leggerezza e, di fatto, restringiamo l’area democratica”.

Perché dice questo?

“ Prendiamo l’esempio della eliminazione del Senato. Sono andato a rivedermi quanto fu discusso nella Commissione dei 75 per la stesura della Costituzione. C’era il fior fiore del pensiero costituzionale ed istituzionale dell’Italia. Tutti sostenevano il bicameralismo. Solo i comunisti, ancora imbevuti del cosiddetto “centralismo democratico” del dopo guerra, volevano il monocameralismo. Su questo ci fu lo scontro tra De Gasperi e Togliatti. Vinse il primo perché c’era bisogno di una forte democrazia parlamentare e il Senato poteva essere considerato la Camera di controllo dell’altra, e viceversa.

Come è stato detto, anche durante il dibattito di Napoli, in realtà, il Senato non l’abbiamo eliminato. Lo abbiamo solo trasformato in un’assise in cui Sindaci e consiglieri regionali si vanno a prendere l’immunità parlamentare. Non si risparmia niente e, in ogni caso, se il problema era quello della riduzione dei costi, bastava ridurre il numero dei senatori.

Aggiungo: l’eliminazione del Cnel con la leggerezza con cui l’abbiamo visto eliminare è stato un altro errore. Perché si è soppresso un luogo di riflessione e di dibattito, una sorta di camera di compensazione e di confronto tra le componenti del mondo del lavoro e tra gli stessi sindacati.

La verità è che con le difficoltà economiche del momento si utilizza la situazione per coprire la vera ragione che giustifica questa cosiddetta stagione riformatrice: dare maggior potere al Governo centrale”.

Non è che ci troviamo di fronte ad un nodo mai risolto nel nostro Paese, quello della formazione della cosiddetta classe dirigente?

“ Certo. La democrazia è consolidata in un paese dal ricambio permanente della classe dirigente. Nelle democrazie consolidate e mature si assiste ad un ricambio graduale e consapevole, con personale adeguato, preparato, sperimentato e non inventato dall’oggi al domani”.

Magari maturando dell’esperienza politica ed amministrativa prima di andare a dirigere un ministero…

“ Certo. Il ricambio ci vuole, ma deve essere fatto nei giusti termini. Altrimenti otteniamo i risultati del dopo tangentopoli di vent’anni fa, quando ad una classe politica parzialmente corrotta, come si è potuto constatare dopo le indagini ed i processi, si è sostituita una classe dirigente insufficiente a risolvere i problemi del Paese”.

Si torna spesso a parlare del “complotto” che potrebbe esserci stato per far cadere la cosiddetta “Prima Repubblica”. Con forti responsabilità anche degli interessi che stavano dietro la cosiddetta grande stampa…

“ Sicuramente alle spalle di tutto c’è anche il famoso gruppo Bildenberg, culla dei grandi accordi finanzieri che hanno in mano il mondo e dominano il mercato in barba a tutte le autorità democraticamente elette e agli stati nazionali sovrani e le entità democratiche internazionali. Il segno lo vediamo, ad esempio, in Italia, nei gravissimi errori commessi con la privatizzazione delle banche. Prima fra tutte la Banca centrale che oggi più che mai  sembra rispondere a logiche privatistiche”.

E, allora, il recupero dell’impronta democratica…?

“ Io mi permetto di indicare delle strade. A partire dal riavvicinamento del cittadino alla politica. Recuperare quella stagione di quando i partiti erano i mediatori tra la politica e le istituzioni e la società civile. Dobbiamo avere in coraggio di sostenere che oggi devono essere ricostituiti i partiti. Sicuramente applicando finalmente la Costituzione e definendo anche la natura giuridica delle organizzazioni politico rappresentative. Dobbiamo ripensare il finanziamento pubblico sottoposto ad autentici controlli da parte della Corte dei Conti. Dobbiamo assicurare la democrazia interna dei partiti prevedendo la possibilità di un severo intervento della Magistratura, là dove gli uomini delle forze politiche venissero meno ad ogni principio etico”.

Oggi, però, i partiti li abbiamo?

“Si, ma con meno responsabilità di un tempo. E questo è paradossale. Oggi abbiamo i leader, chiamiamoli così. Abbiamo in realtà capi e capetti perché abbiamo tolto le preferenze ed abbiamo espropriato gli iscritti al partito e agli elettori la possibilità di compiere scelte autentiche, sulla base di una loro esclusiva responsabilità. Assieme alla reintroduzione delle preferenze, dobbiamo pensare alla riduzione del numero delle firme per poter richiedere un referendum e, dove sono state introdotte elezioni di secondo grado, dove cioè gli eletti si votano tra di loro, dobbiamo ritornare alle elezioni dirette che diano davvero la voce ai cittadini. Questi devono tornare ad essere i protagonisti della vita pubblica. Questo è l’unico modo per richiamarsi ed uniformarsi alla vita democratica degli altri paesi. Quelli dove le primarie sono vere chiamate alla scelta, come succede negli Stati Uniti, in Norvegia o in Svezia. Da noi alle primarie partecipano pure i …cinesi”.

E la scelta in mezzo a quelli che vengono dalla società civile?

“E’ un errore ritenere che, tout court, personaggi espressione della società civile siano in grado di sostituire la classe politica che, invece, deve venire da un’autentica  scuola di partito e di esperienza pratica a livello amministrativo”.

Lei ha sempre seguito i problemi del Mezzogiorno e del Lavoro che sembrano le facce più derelitte della nostra recente storia…e attorno cui abbiamo subito le più gravi sconfitte…

“ Certo parliamo di una delle sconfitte tra le più cocenti perché il divario tra le diverse aree geografiche è cresciuto ancora di più. I giovani meridionali su cui le famiglie investono tutti i loro sacrifici, una volta raggiunto il titolo di studio, devono andare via perché il Mezzogiorno con le privatizzazioni esasperate delle aziende di Stato offre solo l’immagine di un cimitero industriale”.

Un vero e proprio tradimento, dunque. Consumato anche con la complicità dell’Europa che non interviene a chiedere ed esigere politiche di convergenza secondo i suoi grandi progetti…

“ Certo. Basta pensare che ogni volta in cui il Governo emana un provvedimento economico su fondi da destinare allo sviluppo, vedi ferrovie ed  infrastrutture, il Sud è sempre escluso. Eppure, questo nostro Presidente del Consiglio si inventa sempre nuove parole. L’ultima è stata il master plan, di cui non abbiamo visto né il master, né il plan. Renzi  ci parla sempre di Bagnoli e di Pompei e, in genere, quando parla di infrastrutture  cita il completamento della Salerno – Reggio Calabria e della ferrovia veloce che dovrebbe collegare Bari a Napoli. Parla cioè di opere di cui si parla da decenni e decenni. Come è per lo Stretto di Messina, del resto. Nel frattempo, però, dal piano degli aeroporti, che prevedeva tre scali strategici Fiumicino, Malpensa e Grazianise per il Sud, è sparito solo quest’ultimo. Lo ha sostituito Venezia. A fronte di ciò non si è mai pensato ad aiuti supplementari con un piano straordinario per cominciare, almeno, ad affrontare il divario aggravatosi a danno del Mezzogiorno. Unica cosa a cui si pensa è quella di creare commissari. Ennesimo, quello di Bagnoli”.