(3°) INCHIESTA EXPORT: anche il piccolo Belgio “ci straccia”

(3°) INCHIESTA EXPORT:  anche il piccolo Belgio “ci straccia”

3° PUNTATA
L’agricoltura nel suo complesso, al pari di qualunque altra attività economica, ha bisogno di solidi riferimenti istituzionali e di un quadro politico stabile. In particolare per quanto riguarda l’export l’impresa italiana ha la necessità di avere le spalle coperte da un efficiente “sistema paese”. Sono ormai decine di anni che il comparto è considerato residuale dal sistema politico, e non solo. Anche la cultura, e i mass media, giornali e tv, se ne occupano spesso come di un fenomeno folkloristico, o tutt’al al più, vedono l’agricoltura sullo sfondo della grande cucina, come una sorta di salmeria che fornisce le materie prime ai grandi chef.

Il Ministero per le politiche agricole, tanto per fare un esempio, ha avuto anche di recente, e anche in presenza di governi duraturi, una notevole difficoltà a mantenere al vertice un titolare che si trattenga il tempo necessario per capire qualcosa della materia che tratta.

Nel IV governo Berlusconi l’avvicendarsi di ministri è stato frenetico. In poco più di tre anni, dal maggio 2008 al novembre 2011, si sono seduti sulla poltrona più importante di via XX Settembre,a Roma, tre esponenti politici. I primi due, Luca Zaia e Giancarlo Galan, si sono trattenuti lo stretto necessario prima di passare ad altri incarichi di loro maggior gradimento; il terzo, Romano, è caduto con le dimissioni del Governo. SILVIO BERLUSCONI AL COMPLEANNO DI MICAELA BIANCOFIOREE’ durato poco più di un anno anche il quarto Ministro, Mario Catania, messo dal prof. Monti a capo del dicastero di cui era stato per anni un dirigente di primo piano. Quindi ha potuto mettersi al lavoro senza doversi sottoporre a una sorta di apprendistato. Ora il Ministro del nuovo Governo di Enrico Letta è Nunzia De Girolamo. E, almeno fino a oggi, questo susseguirsi di ministri mordi-e-fuggi la dice lunga sull’interesse effettivo che la politica mostra per l’agricoltura.

In questa campagna elettorale si era riscontrato un qualche segnale d’attenzione da parte dei candidati premier dei quali abbiamo ha raccolto le buone intenzioni. Ma con l’aria che tira è abbastanza difficile le buoni intenzioni diventino, almeno nel breve termine, fatti politici. Purtroppo, però, mentre la politica si occupa di altro (magari anche di questioni molto importanti) l’agricoltura e l’agroalimentare devono programmare, produrre e agire sul mercato praticamente senza rete. Nella più totale incertezza delle prospettive.

Nella cupezza del quadro complessivo, tuttavia, con un po’ di buona volontà si può cogliere qualche segnale meno scoraggiante. E’ un fatto, per esempio che, l’export italiano non perde colpi e continua la sua crescita, che sul piano interno l’agricoltura produce un po’ di occupazione in più, che non mancano le energie che lavorano in una prospettiva di innovazione. Anche sul piano istituzionale sembrano maturi i tempi per una svolta: la cabina di regia per agricolture4 euAllargamento-dell-Ue-ai-Balcani-Occidentali-il-negoziato-agricolo_largel’internazionalizzazione del made in Italy, sembra essere partita col piede giusto.

Se le vecchie logiche dello spreco e del clientelismo non riprendono il sopravvento, il nuovo Ice potrebbe davvero rivelarsi uno strumento efficace. Sempre che il nuovo Governo abbia la forza e la convinzione per affrontare i nodi della politica e dell’economia del paese. Piaccia o non piaccia, un agroalimentare moderno e competitivo, rappresenta uno di questi nodi.

Su questi temi il Governo di Enrico Letta deve farsi ascoltare dall’Unione Europea. Non si devono alzare barriere protezionistiche, ma è indispensabile e urgente imporre per le merci importate standard produttivi di qualità e sicurezza pari a quelli che vengono imposte alle imprese italiane ed europee. Bisogna, insomma, poter competere ad armi pari.

La necessità di penetrare nei mercati porta con se la questione degli investimenti. La recessione ha provocato tra l’altro una questione di liquidità. Le imprese, specie le piccole e medie, non hanno soldi da investire. “In questa situazione l’accesso al credito non è un problema secondario, – ci ha detto Maurizio Gardini, Presidente di Confcooperative – è il problema. L’agricoltura e l’agroalimentare italiano si fondano su un sistema di piccole e medie imprese che devono essere aiutate a intraprendere la via dell’internalizzazione. E’ un fatto di soravvivenza. Senza strumenti di sostegno al credito si va poco lontano. Anche per questo chiediamo alla politica e al sistema bancario una maggiore collaborazione”.

Quei 32 miliardi di euro scarsi che riescono a spuntare i nostri prodotti sui mercati esteri non sono davvero un gran risultato.

(Fine – la prima puntata è stata pubblicata il 19 aprile 2013 e la seconda il 9 maggio)
Franco Poggianti – Agricolae.eu